La sostanza delle cose

6 novembre, giorno del Giubileo dei Carcerati. Papa Francesco riceve in Vaticano i reclusi e le loro famiglie, giunti da tutta Italia. Data scelta anche dagli organizzatori per l’inaugurazione della mostra Arte dal carcere verso il futuro, prima rassegna nazionale d’arte per detenuti. Un momento di riflessione per sottolineare il valore sociale e umano dell’evento.

Nata da un’idea della dottoressa Anna Molino e della curatrice artistica Enrica Frediani, la rassegna ha visto coinvolti nella sua realizzazione il Tribunale di Massa, la Casa di Reclusione di Massa, l’Associazione Amici del Museo Ugo Guidi Onlus, il Museo Ugo Guidi e l’Associazione AiCS Solidarietà di Massa Carrara. Aperta a tutti i detenuti che svolgono laboratori artistici all’interno delle Case penitenziarie, ha visto l’adesione di 17 Regioni e l’invio di circa 270 opere fra le quali sono state selezionate, da una giuria di esperti, le 90 esposte negli spazi comuni del Tribunale di Massa.
Presenti all’inaugurazione, oltre agli organizzatori, varie autorità, fra le quali il Sindaco di Massa, Alessandro Volpi, il vescovo, nonché un folto pubblico. Il rischio di simili iniziative è l’autocompiacimento del benefattore che, dall’alto della sua posizione sicura, guarda al misero infelice. E, bisogna ammetterlo, non è stata del tutto assente questa sensazione. All’inaugurazione due mondi si sono incontrati e il loro confronto ha scatenato domande e riflessioni. La prima, che cosa li separa e li rende così diversi?

Da un lato il Palazzo di Giustizia, abitato da personalità sicure del proprio ruolo, sedute dalla parte giusta del potere. Dall’altro il carcere, i detenuti e il lavoro nei laboratori d’arte portati avanti da professori e volontari animati da uno spirito ardente, in cui non c’è compassione o compiacenza, ma la necessità di dare ai reclusi la conferma che niente è perduto.
In una storia vecchia come quella di Gesù e il Fariseo, l’umanità che ci viene restituita attraverso le opere parla di amore, sensibilità e speranza, un’umanità che paga i suoi sbagli, che non si divide in categorie e ruoli e non si nasconde dietro la maschera della brava persona con una buona posizione sociale.
Tornando a Foucault, alla filosofia e alla morale, cercando di superare il senso comune e i suoi abbagli, il confronto con il mondo carcerario obbliga prima di tutto a rivedere i propri valori, ciò che si ritiene importante quando si incontra una persona – che cosa si apprezza o teme, il peso dei propri pregiudizi.

L’emozione è molto forte nel visitare gli spazi dell’esposizione: colpiscono la sincerità, l’umiltà e la semplicità di queste opere, una certa solidità e chiarezza nelle intenzioni – senza considerare che alcune di queste non hanno niente da invidiare ai lavori che torreggiano sulla scena dell’arte patinata, famosa, spesso inautentica.
Molto forte il tema della riflessione sull’identità, sulle proprie emozioni, sulla stessa condizione umana, ma senza quell’autocompiacimento che, inevitabilmente, anima anche solo in piccola parte l’artista ufficiale.
Portati a pensare che fosse la rabbia il sentimento più forte che poteva emergere dalle opere; si scopre, al contrario, che sono l’amore, il senso di separazione e di solitudine che campeggiano nelle sale.

La valenza sociale di una simile iniziativa, che vede l’arte come strumento di riabilitazione e integrazione, fa riflettere, a sua volta, sul concetto stesso di riabilitazione, ma anche sul valore intrinseco dello strumento utilizzato, l’arte, non solo per il potere che esercita nell’ambito della terapia o della rieducazione, ma in generale. Dal mondo del carcere, la domanda rimbalza con forza e pone gli stessi interrogativi al cosiddetto mondo libero: cosa significa nutrire lo spirito grazie all’arte? La posizione di privilegio rende più o meno accessibile l’universo simbolico?
A un’opera di un detenuto di La Spezia, intitolata La giustizia, in cui i giudici (che sarebbero chiamati «ad amministrare la giustizia nell’interesse del popolo» come si legge nelle aule) estraggono numeri del lotto per decidere codici e pene, si aggiunge un’altra immagine inquietante che ci resta mente: le alte scranne dell’Aula Corte d’Assise, dalla forma di bare che potrebbero ospitare vampiri.

Cosa sono libertà e giustizia?

La mostra continua:
Arte dal carcere verso il futuro
Prima Rassegna nazionale d’arte per detenuti
Spazi comuni del Tribunale di Massa
fino al 30 settembre 2017

progetto artistico e curatela Enrica Frediani 
presidente della Rassegna Maria Cristina Failla – Presidente del Tribunale di Massa
organizzazione Anna Molino – Primo dirigente del Tribunale di Massa
Enti promotori: Tribunale di Massa, Casa di Reclusione di Massa, Museo Ugo Guidi di Forte dei Marmi,  Ass. Amici del Museo Ugo Guidi di Forte dei Marmi e Associazione AiCS Solidarietà di Massa Carrara
Enti collaboratori: Cisdac- Ass. di volontariato Centro Italo-Svizzero di Arte contemporanea di Montignoso; A.V.A.D. Ass. Versiliese audiovisivi didattici; Accademia di Belle Arti di Carrara
Giuria: Donatella Failla – Direttore del Museo di Arte Orientale Edoardo Chiossone di Genova; Marco Gianfranceschi – Giornalista, Critico d’Arte; Vittorio Guidi – Curatore del Museo Ugo Guidi di Forte dei Marmi; Anna Vittoria Laghi –  Storica dell’Arte; Bruno Massabò – Soprintendente per i Beni Archeologici della Liguria e per le provincie di Sassari e Nuoro