Particelle immateriali ed il gioco delle ombre

Velature rivelatrici ed equilibrismi leggeri implodono nell’immaginario artistico di Claudia Peill, dando spazio a visioni improvvise e riflessioni prospettiche.

L’atto di nascondere non descrive sempre un’azione dall’anima negativa, come può apparire a prima vista, anzi solitamente è proprio grazie a questo gesto di occultamento che si realizza l’espressione della vera visione; ciò è possibile proprio perché l’attenzione viene spostata non su quello che si può facilmente vedere in primo piano, ma si focalizza nelle griglie e negli spazi lasciati vuoti dall’immagine in evidenza. Un primo esempio di questo pratica si ha nell’arte giapponese dell’ukiyo-e dove già all’inizio del XVII secolo, all’interno di stampe paesaggistiche impera maestoso il vuoto tra una linea e l’altra, creando lo spazio della raffigurazione. È un gioco di visione quello indetto dall’artista genovese Claudia Peill che durante tutta la sua carriera si è sempre battuta per cercare di svelare le particelle dell’immaterialità, facendo intravedere ciò che è invisibile agli occhi di chi guarda, battendo strade impervie e percorrendo passaggi estranianti. Il suo è un lavoro dalla forte fascinazione e dalla potente attrattiva che rapisce il fruitore in un mondo contemplativo ed estatico.

Pianure di colore che si distendono come i fili d’erba nella praterie, impercettibili uno vicino all’altro, ma nettamente distinguibili immergendosi al loro interno; così sono anche le tele di Peill, che possono essere ammirate solo se osservate con autentica attenzione, poiché non basta un semplice sguardo per assorbirne l’essenza. Non si tratta di monocromi come quelli di Yves Klein o dei walls di luce di Rothko, anche se in essi si possono rintracciare le influenze che hanno suggestionato un’arte così orientata al concetto di trascendenza. Peill grazie a Storie svela un mondo altro fatto di presenze e sensazioni visive, dove l’apparenza è solo la prima maschera poggiata sul visino volubile del reale. Opere come Il suo rovescio o ancora Alla lettera si compongono di due parti: una fotografica e l’altra pittorica; la prima cristallizza immagini di paesaggi, statue antiche, persone e parti meccaniche di strumenti industriali. Tutto quello che passa sotto l’obiettivo diviene dettaglio da analizzare scrupolosamente in un’indagine in costante mutamento ed evoluzione. Lo studio si avvale quindi di una ricerca oggettiva del mondo, attraverso il mezzo fotografico, primo intermediario tra ciò che è e ciò che può essere. La seconda invece evidenzia il bisogno intimo di distacco e di riflessione, tramite la stesura delle sottili velature di colore che vanno a ricomporre un’ambiente particolare, da una parte il proseguimento del soggetto fotografico e dall’altra la verità dietro lo stesso soggetto; così esso manifesta nuovi aspetti di se che incontrastati fuoriescono dal fangoso liquame colorato. La divisione tra foto e pittura invita a riflettere sulla separazione delle fasi dell’agire umano: prima si osserva e poi in un secondo momento si riflette su ciò che si è visto. Un processo lento come quello alchemico, l’agire e la riflessione sono indistricabilmente legati nonostante la loro evidente separazione in compartimenti stagni, eppure non possono sussistere l’uno senza l’altro. Significativa è inoltre la dialettica tra presenza ed assenza che irrompe in ogni lavoro dell’artista. Questo confronto forzato permette una presa di coscienza mirata alla riabilitazione dell’assenza che diviene una costante dalle molteplici funzionalità e che quindi non può che essere apprezzata.

Indagini di particolari e prese di posizione di dettagli che reclamano la loro legittima importanza in un universo dove la totalità e l’apparenza hanno preso il sopravvento. Gli occhi e la mente ora possono concentrarsi su quel dettaglio trascurato e maltrattato che illumina la verità coperta dall’oscuro velo di Maya; precarietà e instabilità si rivelano come autentici dogmi del mondo, che è pianeta di cartapesta e cristallo, fragile nonostante il suo atteggiamento da duro. Lo sdoppiamento che le figure subiscono all’interno della loro compagine diviene elemento dominante e collante per una continuità non solo estetica, ma anche concettuale; porta bandiera di uno stato di squilibrio percepito lievemente come le scosse vibranti nel sottosuolo dai sismografi, l’equilibrio si perde e si ritrova nella ricerca dell’identità. Arte intimista e mistica, persegue il filo della ricerca dell’identità e dell’essenza delle cose che abitano il mondo; l’universo di Peill è una costellazione di sagome ed ombre che grazie all’incontro con la luce si lasciano finalmente scorgere, bellissime e aleatorie come cerchi di fumo fluttuanti nell’aria polverosa di una stanza chiusa.

La mostra è conclusa:
Galleria Anna Marra Contemporanea
Via di S. Angelo in Pescheria, 32 – Roma
dal 09/03/2017 al 22/04/2017

Claudia Peill – In ogni dove
a cura di Giorgià Calo
https://www.annamarracontemporanea.com/claudia-peill-artista