L’erotismo senza tempo negli scatti di Newton

Fino al 18 giugno 2017, in mostra al Palazzo delle Arti di Napoli, Helmut Newton. Fotografie. White Women / Sleepless Nights / Big Nudes, un viaggio intenso e affascinante nell’immaginario fotografico di Helmut Newton, fotografo tedesco, naturalizzato australiano.

L’esposizione (organizzata da “Civita Mostre”, in collaborazione con la “Helmut Newton Foundation” e promossa dall’assessorato comunale alla Cultura di Napoli) vede l’attenta curatela di Matthias Harder e Denis Curti che hanno seguito fin dall’inizio questo progetto di mostra itinerante avviato nel 2011 per volontà di June Newton, vedova del fotografo, che ha toccato già altre città italiane.
Siamo davanti alla fotografia di moda che si stacca dalla sua semplice natura commerciale e diventa opera d’arte, ricerca meticolosa della luce perfetta che si sposi con l’universo femminile, dominante e disarmante, ripreso in ogni sua dimensione. Protagonista dei duecento scatti di cui consta la mostra però, non è solo la bellezza del corpo femminile, ma anche la rivoluzione che questa bellezza documenta. Siamo negli gli anni Settanta e Ottanta del Novecento e Newton mostra le grandi trasformazioni di costume che portarono all’emancipazione e alla libertà sociale e sessuale della donna. È chiaro che oggi una donna nuda non faccia più scalpore; sicuramente quarant’anni fa i corpi senza veli di modelle, attrici, personaggi del jet-set dell’epoca rappresentarono una provocazione di grande impatto sociale e culturale.

Donne nude, donne che ammiccano, seducono, che mostrano sfrontatezza e malizia: Newton riesce con la sua camera a mostrarci quello che le donne stesse non sanno di loro, imponendosi così come grande protagonista della fotografia del ‘900, oggetto di ambizione di tutte le riviste di moda.
La mostra è divisa in tre sezioni che rispecchiano tre volumi di Newton: White Women del 1976 (primo libro monografico che contiene ottantaquattro immagini e che riceve il Kodak Photo Book Award), Sleepless Nights del 1978 (scatti di corpi seminudi femminili inseriti in verosimili scene del crimine), Big Nudes del 1981 (raccolta di nudi a figura intera e in bianco e nero, ripresi in studio). Dominante è la fotografia in bianco e nero, tanto che le poche foto a colori (per lo più quelle che ritraggono la passione dell’artista per le piscine) sembrano stridere con l’atmosfera generale.


Interessanti gli scatti delle modelle ritratte prima vestite e poi nude, colte nelle stessa ambientazione e con lo stesso atteggiamento; il passaggio dalla copertura alla nudità sembra, infatti, svelare non soltanto – e inevitabilmente – le parti solitamente interdette all’altrui sguardo, ma anche nuove sfumature del volto. In sostanza, Newton ci mostra come la svestizione del corpo è, sempre e comunque, svelamento dell’anima.
Altro elemento degno di menzione è la scelta della tipologia di modelle ritratte; Newton è un precursore dei tempi, le sue modelle sono donne vere, formose, imperfette, colte nell’erotismo che si nasconde in un gesto, in uno sguardo, pronte a rappresentare i sogni erotici dell’artista. In altre parole, è vero che Newton fotografa su commissione, ma fotografa solo quello che lo eccita.

All’interno della mostra altri scatti sono dedicati all’erotismo misto a efferate scene di crimine, simulate con donne seminude, chiaro riferimento dell’artista ai lavori pubblicati in quegli anni dalla nuova professione del reporter/ paparazzo del crimine.
Nominare qui singolarmente i vari scatti è impresa impossibile; a ognuno toccherà scegliere il suo preferito, magari evitando di svelare quale sia e, quindi, di mostrarlo; un po’ come ne La camera chiara, Roland Barthes preferì evitare di mostrare lo scatto che ritraeva sua madre e di cui aveva parlato in tutto il volume. Sarebbe un modo per conservare per sé quello scatto, l’immagine che più di tutte avrà rapito o emozionato, il ritratto a cui nella propria immaginazione l’osservatore avrà aggiunto una storia o una fantasia che lo stesso Newton non aveva immaginato. Già, perché un compito importante che l’artista lascia al suo spettatore è quello di completare la storia dello scatto, aggiungere dettagli, entrare rispettosamente nella vita delle sue modelle, al pari di come, in una delle sue foto più famose, lui stesso ci lascia entrare nel backstage, mostrandoci la vita che intanto scorre al di là dell’immortalità a cui si sta consegnando il momento nell’atto stesso di fotografarlo (pensiamo a Autoritratto con la moglie e modella a Parigi, 1981).
Sarebbe bello, sicuramente, ritrovare le modelle di Newton oggi, per incontrare le storie in cui, intanto, si sono trasformate, ma forse sarebbe anche sconvolgente, al pari di come lo è stato rivedere la foto della bambina afghana, ormai donna, ritratta da Steve McCurry, la cui mostra è stata allestita impeccabilmente nell’esibizione precedente a quella contemporanea negli spazi del PAN.
Si goda, quindi, della mostra e di tutte le storie che ogni scatto racconterà e/o farà immaginare, perché senza storia non c’è foto, o quantomeno una foto che valga la pena di ricordare.

La mostra continua
Pan, Palazzo delle Arti di Napoli
Via dei Mille, 60, 80121 Napoli
Fino al 18 maggio 2017
Orario: Tutti i giorni 9.30-19.30, chiuso il martedì
La biglietteria chiude un’ora prima