Oui, la photographie c’est moi

ara-pacis-romaIn mostra, fino al 25 gennaio al Museo dell’Ara Pacis a Roma, l’opera dell’artista col quale più si identifica, nell’immaginario collettivo, il termine “fotografia”.

Parliamo di Henri Cartier-Bresson, naturalmente, al quale il Centro Pompidou, in collaborazione con la Fondazione a lui intestata, dedica un retrospettiva che abbraccia più di mezzo secolo d’attività nel campo figurativo più ampio, dalla fotografia alla pittura, al cinema.
Ha curato la preparazione della mostra Clement Cheroux, storico della fotografia, professore, tra l’altro, ad Arles e autore di molti testi sull’argomento.
La produzione e l’area di intervento del fotografo francese è smisurata e inizia molto presto; Henri è un giovane fortunato, non ha problemi economici, essendo figlio di un ricco industriale, e nessuna strada gli è preclusa. Poco più che adolescente, frequenta i circoli dei surrealisti che negli “anni folli” della Parigi del primo dopoguerra, denunciano da sinistra le convenzioni sociali e si oppongono all’uso della ragione e della morale, quali freni inibitori della libera espressione artistica.
È un imprinting che ritroviamo in tutta la produzione di Cartier-Bresson, dettagli, linee che si sovrappongono: due gambe di donna incrociate, le coltri del letto rimosse, un’ombra celata dalla cortina, il tutto condito dal taglio spesso ironico e disincantato per conferire lievità alla vita.
A partire dall’età di 22 anni e dopo le prime esperienze fotografiche “vicino casa”, comincia a girare il mondo. Tra un viaggio e l’altro, rientra in Francia e collabora alle produzioni cinematografiche di Jean Renoir, come assistente alla regia, oltre che impegnarsi nella produzione in proprio di documentari sulla guerra civile spagnola.
La mostra romana, ricca di materiali e stimolante nella sua variegata offerta, oltre a consentirci di ammirare ancora una volta alcuni dei suoi scatti più noti, offre al visitatore un campionario vasto e meno conosciuto della sua attività. E in ogni occasione, che sia un ritratto, un’immagine colta per strada o la ricerca di un simbolismo o di un’architettura di linee e ombre, ammiriamo la sua maestria nel disegnare con la luce scene dal sapore antico e familiare.
Le foto di Cartier-Bresson sono spesso frutto di uno studio preliminare su un luogo, un ambiente, non l’occasionale colpo di fortuna di trovarsi nel posto giusto e saperlo cogliere nell’attimo fuggente.
Un attento studio della storia dell’arte, una sviluppata sensibilità all’armonia.
«Intravedo una struttura e aspetto che accada qualcosa», è la ricerca calcolata di una scenografia di una utile composizione delle forme e dei volumi.
Ci vuole pazienza e la calma apparente del felino, pronto a eseguire con rapidità il suo compito.
Dati questi ingredienti, in quella porzione di spazio prescelto, al tempo dato, irromperà il soggetto che per un solo istante, nel momento decisivo, si offrirà all’osservatore, conferendo senso ed estetica all’immagine inquadrata.
Si passano in rassegna, così, le prime foto con un approccio più di carattere estetico, evocativo, che tende a suggerire più che a descrivere: ciò non toglie che a volte la narrazione di un intero universo di valori è catturata e racchiusa in un singolo, essenziale scatto. Il lavoro degli anni successivi alla fondazione, nel 1947, della Magnum, aggiunge la necessità di raccogliere storie e documentare per il grande pubblico dei rotocalchi e articolare in maniera più esplicativa il racconto.
Un’occasione importante questa esposizione sia per gli amanti della materia, per ampliare e approfondire la conoscenza di un maestro della fotografia, che per i neofiti, per apprendere gli elementi di base di una lezione ancora molto attuale.

La mostra continua
Museo dell’Ara Pacis

Nuovo spazio espositivo Ara Pacis
Via di Ripetta
dal 26 settembre 2014 al 25 gennaio 2015
martedì e mercoledì 9.00 – 19.00, da giovedì a domenica 9.00 – 22.00

Henri Cartier-Bresson
a cura di Clément Chéroux