Comprendere se stessi e il mondo attraverso la convergenza di arte e tecnologia

Dal 17 al 19 maggio, al MAXXI è andato in scena il Media Art Festival 2018, occasione unica per scoprire e approfondire l’universo nella New media art, ma nello stesso tempo per riflettere sul rapporto tra uomo e tecnologia digitale.

La comprensione dell’odierna produzione artistica, dei rapporti tra arte e società, e soprattutto di quelle che saranno le direzioni che la sperimentazione artistica intraprenderà nel prossimo futuro, non può esimersi dalla considerazione del ruolo essenziale che la tecnologia massmediale ha assunto. Il predominio nell’immaginario e nella vita sociale dei dispositivi tecnologici è l’elemento più importante e caratteristico della nostra contemporaneità e l’arte, come fa da secoli, è la modalità più adeguata per relazionarsi alle questioni cruciali del presente: quali trasformazioni antropologiche le innovazioni tecno-elettroniche hanno contribuito a determinare? I nuovi media ci vengono in aiuto in un mondo e in una cultura davanti ai quali possiamo sentirci arretrati o inadeguati, oppure contribuiscono  a ridefinire quel mondo e quella cultura perpetuamente? I nuovi media sono diventati così negli ultimi anni il contenuto ma anche il supporto adottato da gran parte degli artisti oggi in attività: tale adozione pratica perciò passa sempre per una riflessione sul senso della tecnologia in rapporto all’esperienza, tanto che nelle migliori produzioni non si tratta mai di un’esibizione autoreferenziale delle potenzialità espressive del mezzo.

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Questa è solo una parte del quadro complesso e articolato all’interno del quale si sono svolte le attività del Media Art Festival, che nell’edizione di quest’anno portava come significativo ed esauriente titolo The great convergence: natural and artificial intelligence, iniziativa organizzata dalla Fondazione Mondo Digitale e che ha compreso attività laboratoriali e seminari in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Roma e la Rufa (Rome University of Fine Arts). Il cuore del Festival è stata però l’esposizione realizzata presso il MAXXI di Roma, andata in scena dal 17 al 19 maggio e che ha visto protagoniste alcune delle personalità più significative della New media art. Robotica, videoart, interattività…il percorso della mostra ha offerto una visione esaustiva delle molteplici tendenze dell’arte contemporanea, stimolando la partecipazione dello spettatore non solo in senso ludico, ma con l’obiettivo di suscitare idee, pensieri, stati d’animo in grado di far riflettere proprio sul nostro rapporto (privato e collettivo) con la tecnologia digitale.

Tra gli ospiti d’onore della mostra Eduardo Kac, che con Inner Telescope ha realizzato la prima performance artistica nello spazio a gravità zero, ma anche Gary Hill e i fratelli Vasulka, fondatori della videoarte dei quali sono stati proposti alcuni celebri video basati sulla manipolazione dell’immagine digitale. Molti gli artisti e le opere in mostra, tutte con una loro specificità: hArt del collettivo BPS proponeva una robot performer in grado di elaborare e trasformare i dati acquisiti dall’ambiente per trasfigurarli esteticamente in forme astratte; oppure Fountain, statua realizzata tramite tecnica radiologica e stampa in 3D da Dario D’Aronco; o pensiamo anche all’attenzione di Antonio Fiorentino per la biologia e la vegetazione chimica nell’installazione Opusimago, premiata nella sezione “Mostra internazionale”. Tra le tante produzioni di artisti di livello internazionale, l’installazione Extreme surfaces and Terrains di Chiara Passa, basata su visori 3D, ci proietta in una realtà virtuale dove ambiente e architettura sono composti da immagini e video-sculture che sfuggono continuamente alla nostra percezione: proprio nel momento di potenziamento della facoltà di visione, l’artista immette il caos provocando nel fruitore uno spaesamento che è anche risalimento all’intuizione primaria. Un’opera sagace e intrigante, perché sembra mettere in scena il paradosso strutturale della nostra epoca iper-massmedializzata: proprio quando la protesi elettronica garantisce un ampliamento delle nostre facoltà, ci ritroviamo in condizione di passività e cecità.

Donato Piccolo Thinking The UnthinkableStimolante e coinvolgente l’installazione robotica di un altro grande protagonista della New media art italiana, ovvero Donato Piccolo: Thinking the Unthinkable gioca metaforicamente con le capacità dell’uomo di interagire con lo spazio e le cose. Tra scultura animata e interattività, Piccolo rimette in questione le certezze percettive del soggetto con ironia inquietante, scavando nell’immaginario infantile: la tecnologia nella sua opera, come nell’opera di Passa, non è trionfo della techne ma esibizione lancinante dei limiti che la tecno-meccanizzazione impone alla vita quando viene subita irriflessivamente e passivamente. Interattività non significa perciò immersione ipnotica, appiattimento sulle esigenze disposizionali, annullamento della coscienza critica per il godimento edonista, ma l’esatto opposto: interattività in quanto “interazione”, partecipazione che è riflessione critica e (auto)conoscenza, comprensione del nostro essere-al-mondo portata a coscienza come se finalmente ci stessimo specchiando. Il merito del Media Art Festival 2018 è stato quello di scardinare tale passività attraverso l’arte, concedendo attraverso le tante performance e opere l’opportunità di ripensare e comprendere noi stessi e il nostro presente.

Il Festival è andato in scena:
Media Art Festival 2018. The Great Convergence: Natural and Artificial Intelligence
Fondazione Mondo Digitale
Roma, 17-19 maggio 2018
MAXXI | Museo nazionale delle arti del XXI secolo
Via Guido Reni 4/a