Un’assenza rivitalizzante e lo zampillio oltre il post-umano

Sperimentare l’assenza, riuscendo a viverla in maniera alternativa, constandone il suo lato straordinariamente positivo: ciò promette Paolo Grassino con La sostenibile visibilità dell’assenza.

In Occidente i concetti di vuoto e assenza hanno sempre sottinteso una condizione negativa, correlata alla paura della morte e della perdita. Non è un caso infatti che il termine “assenza” sia spesso usato con il significato di mancanza, e quindi con l’amara consapevolezza di un’irrimediabile amputazione di qualcosa la cui negazione porta con se solo dolore e tristezza. Diametralmente dall’altra parte del globo, dove sorge il sole, l’ideologia che circonda il vuoto dimentica il concetto di horror vacui e si dà invece un’opportunità, poiché secondo il popolo orientale è tramite l’assenza che è possibile delineare la propria realtà, scegliendo una delle infinite possibilità offerte all’interno dello spazio del nulla. L’assenza trasla il suo consueto significato perciò in qualcosa di estremamente positivo, divenendo elemento originario dell’universo stesso. Ed è questo connotazione positiva del vuoto che l’artista Paolo Grassino ricerca nella sua personale La sostenibile visibilità dell’assenza, ospitata nella galleria Anna Marra Contemporanea, una piccola perla celata tra i meandri delle antiche stradine del ghetto di Roma.

Le opere di Grassino sono l’essenza visibile dell’intangibile, che viene imprigionato in forme statiche e visibili, per rendere possibile dopo un’attenta riflessione una parziale comprensione di quel vuoto che tanto spaventa. Il titolo della mostra ricorda un classico della letteratura moderna, il libro di Milan Kundera L’insostenibile leggerezza dell’essere, dove l’esistenza viene chiamata in causa nel suo aspetto di unicità, concedendo ai protagonisti di compiere scelte e azioni che nonostante tutto assumono caratteri di irrilevanza, che le rendono azioni senza peso, inconsistenti perciò. Tutto ciò non è molto lontano da quello che tenta di fare Grassino, che grazie ad uno spiccato senso di leggerezza ed autoironia tenta di far scaturire quel senso di cinismo positivo in grado di riportare il fruitore sulla retta via. Ciò è riscontrabile nella prima opera con cui il visitatore viene ad interagire, ovvero Nodi, che raffigura due uomini in piedi con la testa ricoperta di tubi, facendosi scultura-emblema della condizione post-human che imperversa al giorno d’oggi. L’assenza si fa pesante presenza attraverso la negazione della mente nascosta o più plausibilmente assente sotto l’innesto di tubi, oggetti inorganici che vanno contro natura anelando l’organicità; la mostruosa creatura, con la quale il fruitore si confronta, è generata dall’ambiguità e dalle contraddizioni della vita contemporanea, dove la globalizzazione facendosi regina incontrastata, crea isolamento e perfino paura del diverso, anche se il suo motto inneggia all’omologazione. Altra opera molto affascinante è C.C.R.Roma, dove la morte si fa figura vivida e concreta: crani neri di animali si susseguono sulla parete bianca, e l’assenza di vita si imprime sulla parete che diviene reliquiario e cimitero al contempo.
La cosa interessante è la concretezza che assume la morte nelle forme in resina e spugna che possono essere anche toccate, così l’assenza si fa reale e gli occhi riescono finalmente a vedere, ma non è una visione che toglie quell’essenza invisibile, quel senso di indicibile, che la caratterizza tanto piuttosto una testimonianza visiva dell’effetto che essa può avere. L’artista non si ferma però solo al senso più inquietante legato a tale tema, egli ne coglie ulteriori aspetti con Eclissi, disegni di dimensioni ridotte dove racchiude in uno spazio limitato lo scontro tra luce e ombra, e quindi analizza la mancanza prima di una costante e poi dell’altra. Ancora una volta la natura manifesta le sue contraddizioni e lo spettatore si rende conto che senza l’alternanza tra presenza e assenza (in questo caso tra luce e ombra) l’universo non avrebbe ragion d’essere, perché l’esistenza è un’altalena che sempre dondola, salendo e scendendo incessantemente.

L’alternanza presuppone quindi un cambiando, un passaggio da una posizione ad un’altra o da uno status ad un altro, e questa trasformazione è simboleggiata dall’opera Fiati con la quale Grassino conclude il suo percorso; questa raffigura due cervi uno accanto all’altro che incontrano il fruitore conducendolo verso un altro livello dell’esistenza, proiettati oltre le porte di una nuova dimensione trascendentale. Il cervo diviene animale speciale, sciamano e protettore della natura e le sue corna si fanno strumento magico con il quale avviene il passaggio tra la realtà terrena e quella spirituale.

L’arte di Grassino rivela le ambiguità di un tempo alterato e cerca di comprendere il mondo nuovo che ne è scaturito. Questo tempo è gorgo in mezzo all’oceano, risucchiante ogni cosa nella sua insaziabile voragine; è questa la condizione generata nell’era del post-umano, dove il tempo si crea come un collage, sommando e conciliando passato e futuro nel suo ventre magnetico. Pezzo su pezzo si delinea una vera e propria stratificazione, oltre che di tempi diversi, anche di contenuti, idee, valori e stili di vita; nonostante ciò in questo costante esempio di horror vacui dove il presente acquisisce l’attributo di eterno si creano delle falle, momenti di vuoto che trapuntano il tessuto strutturale della nuova epoca, lasciando percepire il disagio provocato dall’incessante processo del divenire. Questo contesto affianca sempre le opere dell’artista e in questo caso esso le trapassa facendosi tutt’uno con loro. Le sculture si fanno opere di questi tempi, innovative e sovversive, ne vivono le contraddizioni inspiegabili, come ad esempio nel caso di Nodi dove la pesantezza dei tubi si scontra con l’idea stessa di vuoto, la sua aleatorietà e la sua leggerezza, eppure ne esce vincitrice questa visione al contrario, poiché l’assenza svela la sua pesantezza e quindi la sua importanza, rivelando anche i problemi che scaturiscono dall’incontro degli elementi caratterizzanti l’epoca del post-human, che creano il pensiero dominante del dubbio e della confusione. Arte magica quella di Grassino, provocando i tempi moderni produce un forte incantesimo, alimentando i sogni e le speranze di chi del vuoto e dell’assenza, ancora in questi giorni dominati dalla forza della presenza, continua ad avere paura, regalando la limpidezza del cielo venuta dopo un temporale.

La mostra continua:
Anna Mara Contemporanea
Via Sant’Angelo in Pescheria, 32 – Roma
da venerdì 19 maggio a venerdì 30 giugno 2017
dalle ore 10:00 alle 18:30

La sostenibile visibilità dell’assenza – Paolo Grassino
curatore Lorenzo Respi