Le domande dell’arte davanti al trionfo della tecnologia

Dal 18 al 20 ottobre è andata in scena, alla Fiera di Roma, l’edizione 2019 del Maker Faire, occasione unica per scoprire le nuove frontiere della tecnologia e dove l’arte ha assunto un ruolo decisivo.

Era facile perdersi nel flusso ipnotico di sperimentazioni ingegneristiche e innovazioni tecnologiche dei padiglioni del Maker Faire Rome dell’edizione di quest’anno. Si è trattato di un’edizione più che ambiziosa, che come ogni anno ha voluto proporre un’ampia e approfondita visione dello stato della ricerca tecnologica e digitale nei più vari ambiti; rispetto alle edizioni del passato però, Rome Maker Faire Roma 2019 – The European Edition ha avuto un respiro più europeo e globale, concentrandosi sui diversi ambiti applicativi della robotica, dell’elettronica, dell’informatica. Dalla cucina all’ambiente (con un focus specifico rivolto al dibattito ecologista quanto mai attuale), dalla sicurezza al sociale, dalla medicina alla dimensione ludica e alla moda: la tecnologia non è stata mai talmente seduttiva e coinvolgente.

Una delle grandi protagoniste dell’esposizione di quest’anno è sicuramente la stampa 3D, strumento che nei prossimi anni rivoluzionerà tutti i settori della cultura, come l’architettura, l’artigianato, la moda, e non ultime le scienze naturali. Per fare solo un esempio tra le tantissime proposte della fiera, pensiamo a Plioplatecarpus +, realizzato da Andrea Rastelli, Graziano P. Muzzurru, M. Spasenovski, M. Y. Messina, realizzazione in stampa 3D di un gigante rettile marino preistorico, che intravede le prospettive che questo tipo di tecnologia può assumere persino nella paleontologia.

Appare ovvio come questo discorso generale non possa lasciare indifferente l’arte contemporanea, che da ormai diversi decenni si è ibridata e contaminata con l’evoluzione tecnologica e digitale. E tuttavia, è strano che solo quest’anno il Maker Faire abbia deciso di dedicare uno spazio specifico al mondo della sperimentazione artistica: non uno specifico padiglione (cosa che avrebbe avuto poco senso rispetto allo spirito generale), quanto un’incursione costante nei vari padiglioni, come “tagliati” e attraversati dalla presenza della sezione Making Art, curata e coordinata da Valentino Catricalà. Perciò una presenza costante dell’arte circondata da elementi apparentemente lontani e inconciliabili, e che invece proprio in questa maniera dimostra di voler confermare la sua incidenza e il suo continuo scambio con le altre realtà del mondo. E tuttavia, ciò che l’arte può apportare in un evento del genere è uno sguardo critico, tagliente, approfondito sul mondo contemporaneo, come a voler creare dei punti interrogativi nei confronti della mentalità che si riduce ad esaltare qualsiasi trionfalismo tecnologico.  È stato come se l’arte avesse voluto recuperare, o avesse contribuito a recuperare, l’umano, l’anima, l’emozione, che sfuggono per definizione alla tecnica e all’ingegneria.

Sempre rimanendo all’ambito della stampa in 3D, basti pensare all’installazione di Chiara Passa, dal titolo Compressione Houses. L’artista ci presenta il risultato di un processo creativo, quello appunto della stampa 3D, visibile in molti stand della fiera: tale risultato sono sculture che rimandano all’esperienza minimalista, derivanti dall’animazione Time Bomb of Love che ha per protagonisti dei razzi scomposti e manipolati a ritmo della techno-music. Sculture anamorfiche, che appaiono persino goffe e contraddittorie rispetto all’esaltazione che le circonda, e che proprio per questo si ritagliano uno spazio specifico, quello del dubbio tra le certezze, della spontaneità tra i calcoli rigorosi. Proprio in questo l’arte stride e diventa complementare rispetto alla fiera del trionfo tecnologico: la domanda su che cosa tale evoluzione tecnologica comporti per la vita dell’uomo la pone, appunto, l’arte.

Ed è probabilmente la stessa domanda che le installazioni di Bill Vorn (Mega Hysterical Machine, evidente ossimoro che esprime il paradosso costitutivo del rapporto tra l’uomo e la tecnica) e Donato Piccolo (Unnaturalis) ci pongono: robot ed entità artificiali che si dimenano in una condizione di immobilità e di sofferenza, quando la sofferenza non può essere una categoria tecnologica. Il ragno meccanico dal corpo di automobile capovolto di Piccolo si dimena come una tartaruga rovesciata, anzi ne riflette le reali coordinate di movimento: i confini tra vita e materia meccanica sembrano superati se non invertiti, ed è quanto ci conferma Patrick Tresset con Human Study # 1, 5RNP, dal momento che i suoi bracci meccanici che ritraggono in maniera straordinaria i fruitori,  stimolano in loro interrogativi sui rapporti tra arte e tecnica.

Maker Art, che oltre alle opere citate ha annoverato una vasta serie di originali produzioni tutte significative e innovative, si dimostra una scommessa riuscita, una presenza decisiva e necessaria perché se è vero che l’arte da ormai un secolo sarebbe impensabile senza tecnologia, la tecnologia sarebbe sterile e cieca senza gli interrogativi che solo l’arte può contribuire a porre.

L’evento si è concluso:
Maker Faire Rome 2019 – The European Edition
Fiera di Roma
Via Portuense, 1645/647
18-20 ottobre 2019
Maker Art a cura di Valentino Catricalà