Il padre della Pop Art in mostra a Pontedera

Fino al 20 marzo 2022, sarà esposto al PALP di Pontedera il frutto dell’incontro fra Andy Warhol e il collezionista Eugenio Falcioni, ossia più di 140 opere della collezione Falcioni nella bella mostra curata da Edoardo Falcioni e da Nicolas Ballario.

Ogni mostra su Andy Warhol (all’anagrafe Andrew Warhola Jr) suscita sempre curiosità, sia per il personaggio – discusso anche in vita – sia per la multiforme produzione artistica nella quale si è impegnato, quasi in modo maniacale, facendo della ripetitività pseudo-ossessiva uno degli stilemi cardine del proprio lavoro. Dal canto suo, il collezionista Eugenio Falcioni parrebbe avere ereditato una dose di questa maniacalità, riversata nel bisogno di recuperare non solamente oltre un centinaio di opere ma anche materiale vario riguardante il fondatore di The Factory e co-fondatore della rivista Interview (chiusa nel 2018).

Tra i lavori esposti nella mostra Andy Warhol. Icons! segnaliamo innanzi tutto Space Fruits, una serie del 1979 che non capita di vedere spesso in gallerie e musei. Le serigrafie su carta, dai colori sgargianti, trasformano i frutti in oggetti spaziali che paiono vagare in un universo lattiginoso, regalando all’occhio del visitatore un’immediata dose di allegria.

Ma torniamo alla prima sala e proviamo a seguire l’ordine proposto dai curatori, segnalando la sezione Fame, ove sono allineate le serigrafie di quelle star soprattutto della celluloide, ma anche della politica, degli anni Sessanta che abbiamo conosciuto fin da bambini. Immagini non solamente di uomini e donne, bensì icone di un life style molto glamour, di una Hollywood (soprattutto con Elizabeth Taylor e Marilyn Monroe) che si è spenta con l’arrivo delle proteste per la guerra in Vietnam e di un cinema politicamente e civilmente impegnato – negli anni 70. Soprattutto il volto di Marilyn pare campeggiare come immagine simbolo del desiderio per un’intera generazione, svuotato di quell’umanità struggente e intima che, ad esempio, ci hanno restituito le foto di George Barris – qui l’immagine mostra come la stessa possa prendere il sopravvento in un mondo votato solo all’apparire e all’apparenza. Accanto a loro, le serigrafie di un artista rivoluzionario come Man Ray e della madre di Warhol – alla quale quest’ultimo rimase molto legato per tutta la vita.

Più oltre l’omaggio a Keith Haring, con il suo ritratto stampato su una maglietta di cotone – come accadrà ai volti di molti idoli giovanili soprattutto della musica rock, morti magari prematuramente come lo stesso Haring (che è stato una tra le molte vittime famose dell’Aids). La capacità di sintetizzare in pochi tratti fisionomia e personalità, raffinata nell’esperienza di Warhol come illustratore pubblicitario (diplomato al Carnegie Institute of Technology), la ritroviamo anche in Washington Monument – immagine iconica di una città, altrettanto riconoscibile attraverso poche linee sapientemente tracciate. Una stilizzazione delle forme che non prosciuga i contenuti ma li esalta, come accade anche con altri artisti – quali Calder che, con un semplice filo di ferro, riesce a restituire personaggi e spazi, spesso fantastici, abitati dagli stessi. E ancora pensiamo al pugno chiuso di Ali, pugile apprezzato – ma anche osteggiato dall’anima Wasp – per le sue idee antimilitariste e pacifiste, che lo avevano portato a finire in carcere come renitente alla leva (dopo essersi rifiutato di andare a combattere in Vietnam).

Nella sezione Still Life, s’incontra un’altra parte dell’immaginario iconico di Warhol, ovvero gli oggetti dello stile di vita consumistico che esplose negli anni 60 – assurti a opere d’arte. Oltre alle famose zuppe della Campbell, anche frammenti dell’esistenza quotidiana dello stesso artista, come biglietti di un concerto o di un viaggio che, grazie a una firma, si trasformano in opere da collezionare. Esempi di quel nuovo feticcio che molte gallerie d’arte newyorkesi, soprattutto a partire dagli anni 80, rincorreranno, avendo sempre più fame di novità per rimpinguare le collezioni dei privati, i quali mirano sempre meno al mecenatismo o al gusto di acquistare opere d’arte per goderne in privato e sempre più a trasformare il mercato in una bolla finanziaria che permetta loro grossi guadagni in tempi brevi.

Troviamo anche tracce dei tentativi dell’artista di inserirsi nel mondo dell’oreficeria (Earrings del 1954 e Earring dell’anno successivo), che presto abbandonerà. Un’altra parete mostra l’impegno di Warhol come illustratore di Interview, con varie cover della rivista autografate. Subito oltre, la sezione più politica che dimostra il suo impegno nel documentare tematiche e movimenti del periodo, dalla serigrafia Birmingham Race Riot – che denuncia il volto razzista e violento degli Usa – alla serie Electric Chair, simbolo dell’omicidio legalizzato, ove l’immagine della sedia elettrica esce dalla narrazione quotidiana processuale o mass-mediatica per diventare icona di un Paese ferocemente puritano, che risponde alla violenza con altrettanta violenza. E ancora, le immagini di politici molto diversi per estrazione, come Mao Zedong, quasi caricaturale nella sua paciosità; Edward (Ted) Kennedy, che ci osserva con rassegnazione come se volesse ricordare a se stesso, più che a noi, la sua incompiuta ascesa politica; e Vladimir Lenin, carico di intensità espressiva e determinazione che si staglia su uno sfondo rosso fuoco – metaforico forse più del suo impeto rivoluzionario che non semplicemente del Partito Comunista sovietico.

L’ultima sezione, molto vasta e altrettanto interessante, è dedicata al mondo musicale e alla liaison con il gruppo dei Velvet Underground (capitanati da Lou Reed). Una serie di chitarre famose sotto vetro, con oggettistica culto, ci rimandano agli artisti che hanno cavalcato la scena rock degli anni 70 e 80. Tra le copertine ‘storiche’, ricordiamo che Warhol disegnò Emotional Tattoo per i Rolling Stones con Mick Jagger che controfirma il proprio ritratto incredibilmente espressivo. Nella sala accanto, l’ultima, una serie di ritratti anche commerciali (dato che le sue foto e serigrafie erano molto quotate e varie star facevano a gara per contenderselo), accanto ad altri più personali, di amici o collaboratori della Factory con i quali Warhol condivise giornate di lavoro e, soprattutto, le notti di una New York meno turistica di quella attuale, ma molto più interessante e creativa.

La mostra continua:
PALP Palazzo Pretorio

piazza Curtatone e Montanara – Pontedera (PI)
da mercoledì 10 novembre 2021 a domenica 20 marzo 2022
orari: da martedì a domenica, dalle ore 10.00 alle 19.00

Andy Warhol. Icons!
a cura di Nicolas Ballario ed Edoardo Falcioni
ente promotore Fondazione per la Cultura Pontedera
con il patrocinio della Regione Toscana

evento ideato nell’ambito di Natale ad Arte – Pontedera 2021
promosso da Fondazione per la Cultura Pontedera
in collaborazione con il Comune di Pontedera

@Nella foto: una sala della mostra Andy Warhol. Icons!, che si terrà fino al 20 marzo 2022 presso il PALP di Pontedera (immagine gentilmente fornita dall’Ufficio stampa)