La festa dello sposalizio primevo

Dal 15 settembre al 13 dicembre Villa Borghese si veste di un nuovo abito ospitando nei suoi giardini l’esibizione Back to Nature. Arte Contemporanea a Villa Borghese che porta i fiori di una ritrovata relazione tra uomo e natura.

Le radici cingono l’immagine del presente, connettendola alle origini di un passato generatore di un vita. Non è un caso che Gombrich scelga la metafora dell’albero per il suo saggio sulla rappresentazione “A cavallo di un manico di scopa. Le radici della forma artistica”, dove il manico rappresenta l’immagine del cavallo non per somiglianza, ma piuttosto per sostituzione.

La mostra Back to Nature. Arte Contemporanea a Villa Borghese, curata da Costantino D’Orazio, che fino al 13 dicembre si snoderà nel cuore verde di Roma all’interno degli spazi di Villa Borghese, riscatta il primato dello stato naturale, codificandolo in una serie di interventi artistici carichi di poesia e ironia. Tra le opere in mostra è possibile ammirare Etherea, l’installazione immateriale di Edoardo Tresoldi, gli igloo di Mario Merz, emblemi dell’arte povera, le bandiere di Mimmo Paladino sventolanti sul Museo Pietro Canonica, l’intervento tessile dell’Accademia Aracne, la scultura in cera persa di Davide Rivalta, la video-installazione di Nico Vascellari, Drops di Andreco, Radici di Benedetto Pietromarchi, Grazia Toderi, e i murales interattivi realizzati dagli studenti di Belle Arti dell’Accademia di Roma.

L’ingresso nel cancello principale della villa invita a un vero e proprio percorso iniziatico, volto a ritrovare in senso figurativo le proprie radici, immergendosi nel candore di rami e foglie che portano al cuore profondo di una trasformazione organica, agendo una sintesi armonica tra il battito accelerato umano e quello lento naturale. Il frutto della trasmutazione non produce una nuova Dafne, ma piuttosto un organismo ibrido nel quale dimora la bellezza di due realtà contingenti e contrapposte. Back to Nature è un inno allo stato di natura rousseauiano, un ritorno alle origini consapevole, che non trova nell’oblio del presente il suo fine, ma piuttosto vede il ricordo come elemento di congiunzione tra due differenti livelli di realtà.

Nell’interazione con i lavori di arte pubblica il fruitore non perde la sua umanità ritrovando piuttosto la sua purezza naturale, il primitivismo che lo contraddistingue come creatura umana partorita dalla cornucopia del ventre di madre natura. L’armonia raggiunta nella simbiosi con l’arte e il suo ambiente diviene il riscatto di un’esistenza vissuta in sordina, bistrattata nella scelta tra l’umiltà di una vita semplice e l’ambizione di una vita privilegiata e frenetica vissuta nell’artificialità architettonica e sociale. La volontà di riaccostarsi al candore di un vissuto naturale è immediatamente riscontrabile nelle opere di arte povera, come negli igloo di Merz, ma anche nella spontaneità formale dimostrata dal bufalo di Rivalta, che prosegue il discorso dei leoni iniziato sulla gradinata della Gnam di Roma, a pochi passi dalla villa. All’immediatezza naturale si accosta la trasparenza, considerata dal curatore la vera chiave di lettura dell’intera esibizione; e nessuna opera potrebbe rappresentare meglio questo aspetto se non Etherea, l’installazione effimera di Edoardo Tresoldi. Punta di diamante della mostra, seppur nel suo formato più contenuto rispetto ad altri interventi dell’artista, riesce a rimanere impressa nei pensieri di chi la scorge.

Apparizione e visione al contempo incastonata in una circonferenza arborea, l’opera si rivela con così tanta sorpresa e delicatezza da incoronarla purissimo gioiello diafano. La costruzione che ricorda la struttura delle chiese bramantesche, fluttua leggiadra tralucendo in quei momenti d’incontro di luce solare, mentre scompare, abbandonata dai medesimi, in una sintesi estrema con ciò che la circonda. La trasparenza trascende l’etere tanto da rendersi momentaneamente visibile nelle arcate e nelle volte di questo tempio della contemporaneità. Entrare nelle trame dell’intreccio diafano equivale a vivere un’esperienza mistica che smaterializza la propria parte corporea proiettando verso un orizzonte di armonia universale. È l’effetto dell’arte immateriale che all’interno del contesto ambientale trova una sua naturale corrispondenza. In modo diverso agisce invece la trasparenza nell’opera Drops di Andreco, che non solo rende manifesta la silhouette della pianta dei giardini segreti di Galleria Borghese, ma inoltre attraverso una composizione dominata dal vuoto realizza un’installazione giocosa, che si lascia letteralmente attraversare bianco su nero. La trasparenza in particolare nell’arte pubblica presuppone un alto livello di interazione come dimostrano anche Yarn bombing, installazione tessile dell’Accademia Aracne e i murales dell’Accademia di Roma. Se il primo è un esempio di riappacificazione tra mondo naturale e artificiale attraverso il prodotto d’artigianato derivato da entrambi, il secondo intende mettere le ali all’umano, ristabilendo un ordine primigenio perfetto.

In maniera opposta di Pietromarchi affronta il rapporto che si instaura tra dato artificiale e realtà naturale, sottolineandone lo scarto all’interno del discorso rappresentativo. Il primato della natura traspare dalle tele di polline e terra ricostruendo una visione idilliaca del parco, nello stesso frangente in cui la ceramica imita la morte e la rinascita delle forme dei tronchi d’albero spezzati dalla tempesta. L’introduzione della materia organica all’interno del supporto artificiale sfida apertamente le regole della rappresentazione nello stesso modo in cui Nico Vascellari sfida le leggi naturali della fisica spingendosi al limite della resistenza umana nel filmato Vitriol proiettato nella Casa del Cinema. Lasciandosi trasportare nel cielo dalle forze opposte del movimento operato dal mezzo meccanico e dall’azione della forza di gravità che lo attira verso terra, l’artista entra in comunione con l’ambiente celeste, trasmutandosi da macchina umana a elemento naturale parte del tutto.

In un’ora di difficile risoluzione nel rapporto uomo-natura l’esibizione sembra riuscire nel tentativo di riavvicinare le due realtà da troppo tempo in lotta attraverso l’opera del medium artistico. Ogni singolo intervento svolge un’azione demiurgica, ricalibra e riequilibra lontananze comunicative e incomprensioni, ristabilendo un confronto delicato e profondamente ricercato dalle due parti, che sottolinea l’impellente volontà di vivere in modo più intimo il calore del mondo naturale e la sua magia primigenia. La villa si anima, emettendo un profondo respiro di riflessione sulle sorti del mondo e su quelle di sua Madre Natura intenta a unirsi in matrimonio a l’essere umano e al suo patrimonio artificiale.

La mostra continua:
Back to Nature. Arte Contemporanea a Villa Borghese
Villa Borghese: Parco dei Daini, Piazza di Siena, Museo Pietro Canonica, Museo Carlo Bilotti, Casa del Cinema

Piazza di Siena – Roma
Dal 15 settembre al 13 dicembre 2020