Eterni istanti

Il teatro di ricerca di Carmelo Bene immortalato dal fotografo Claudio Abate. Immagini inedite che testimoniano l’innovazione di un decennio e il genio di un grande attore italiano.

Il fotografo Claudio Abate ha sempre preferito il mondo delle arti visive come soggetto dei suoi scatti. Non è mai stato attirato dal fotogiornalismo, che pure tra gli anni Cinquanta e Sessanta imperava, ma la sua opera ha un ruolo di testimonianza pari a quella di tanti reportage. La mostra Benedette foto! Carmelo Bene visto da Claudio Abate, aperta al pubblico dal 4 dicembre al 3 febbraio al Palazzo delle Esposizioni di Roma, svela centoventi foto, scattate tra il 1963 e il 1973 durante i debutti, e talvolta le prove, di dieci tra i primi spettacoli teatrali di Carmelo Bene, da Cristo ‘63 del 1963 a Salomè del 1973. Tutte opere delle quali le fotografie di Claudio Abate, per la maggior parte inedite, rappresentano l’unica testimonianza visiva finora conosciuta. Immagini che danno dei volti e dei luoghi a un decennio padre di un rivolgimento del teatro classico. Tra gli anni Sessanta e Settanta nasce, infatti, in Italia un teatro di ricerca che chiama in causa l’attore e il suo corpo come fonte primaria di energia e di legame con il pubblico. Leo De Bernardinis, Perla Peragallo, Carlo Quartucci, Mario Ricci e Carmelo Bene ne furono i protagonisti. Un teatro di ricerca che condanna la fedeltà al testo, la sua autorialità, e vede nella sottomissione alle regole registiche e drammaturgiche i dispositivi di potere da spazzare via attraverso una “scrittura scenica” che fa dell’immagine, del movimento e degli oggetti in scena strumenti privilegiati del nuovo teatro, atto critico destabilizzante. Roma accoglie questa silenziosa rivolta in luoghi come le “Cantine romane” , il teatro Laboratorio, il teatro Beat 72, il Teatro delle Arti e il Teatro Carmelo Bene.

La Leica di Claudio Abate è l’occhio che ha saputo cogliere in immagini esemplari quella particolare liaison tra arti visive e teatro che ha segnato quell’epica stagione.

Un percorso, quello della mostra, in cui si avverte l’eccezionalità e l’importanza di quelle immagini, frutto di un sodalizio (mai retribuito per il fotografo) che aveva come unico punto di partenza l’amore per l’arte, specie per l’arte in movimento. Fu lo stesso Bene a definire Happening, riferendosi alla prassi dell’improvvisazione, Cristo ‘63, uno degli spettacoli più provocatori e dissacranti mai messi in scena. Il pittore e poeta Alberto Greco, predicatore dell’Arte Vivo, irrorò con scrosci d’urina l’ambasciatore argentino. Gesto che portò alla censura dello spettacolo, alla chiusura del teatro oltre che a una denuncia per lo stesso Carmelo Bene. Claudio Abate era lì a fotografare, come un reporter, quegli istanti in cui le luci venivano spente per mettere un punto a quell’indecenza. Benedette foto! è ciò che Carmelo Bene, da sempre indifferente a quelle preziose e belle immagini di scena, esclamò dopo aver ricevuto l’assoluzione per non aver commesso il fatto. Fotografare gli spettacoli-performance di Bene, non era facile. Innanzitutto non è mai semplice immortalare degli attori in scena, in movimento. A teatro, afferma Abate, il fotografo deve saper attendere la coincidenza di due situazioni favorevoli, le “possibilità”: « Prima si individua la scena che piace, poi bisogna stare attenti che i personaggi non si muovano più di tanto». Da qui la sua capacità di concentrare l’azione di volta in volta su una determinata immagine. Cristo ’63, Pinocchio ’66, Salomè tratto da Oscar Wilde, Faust o Margherita, Nostra signora dei turchi sono spettacoli estremi anche per la scelta della luci che la ristrettezza dei mezzi non consentiva di mediare. Così, in molte immagini, la zona buia dilaga, un nero che avvolge le figure e che la stampa analogica restituisce in tutta la sua brillantezza, come nei ritratti di Nostra signora dei turchi in cui il nero isola ed esalta il bel volto di Lydia Mancinelli. Le scene di Bene erano anche un tripudio di costumi, oggetti e maschere sfavillanti come nel lungometraggio Salomè. Claudio Abate ricorda le scene di Bene segnate da «grandi squilibri tra buio e luce». Le annotazioni di Bene diventano visione attraverso le sue foto, come in un’immagine dello spettacolo Arden of Fervesham in cui il cono di luce proveniente da uno spiraglio aperto sulla destra del palcoscenico, coglie e rivela l’affinità della scena con quella dipinta da Caravaggio nella Vocazione di San Matteo. Il qui e ora dell’arte teatrale diventa un ritmo infinito grazie all’opera di un fotografo che dedicò la sua arte alle opere degli artisti suoi contemporanei.

La mostra continua:
Palazzo delle Esposizioni
via Nazionale, 194 – Roma
fino a domenica 3 febbraio 2013
orari: da domenica a giovedì dalle 10.00 alle 20.00; venerdì e sabato dalle 10.00 alle 22.30

Benedetto foto! Carmelo Bene visto da Claudio Abate
a cura di Daniela Lancioni, con Francesca Rachele Oppedisano