Cronache dell’immaginario

Spesso nelle opere dei videoartisti manca il registro narrativo, e la sperimentazione è rivolta unicamente alla dimensione formale. Per non ridursi ad un mero gioco illusionistico e privo di senso, tali artifici stilistici devono essere in grado di esprimere un concetto, di caricarsi di valori simbolici.

Il valore simbolico può emergere dal principio della “tensione”: questa tensione è la risultante della contrapposizione tra specificità del supporto adottato (la tecnologia video) e il rallentamento. La tecnologia video-digitale opta molto più volentieri per i ritmi velocizzati, per i montaggi cadenzati e frenetici, questo in quanto le idee di “velocità” e “frenesia” appartengono alla sua stessa natura. Il contenuto, in questa maniera, abbraccia il supporto nelle sue peculiarità, senza lasciare scarti, senza provocare shock per il pensiero, senza tensione. Recuperare la tensione significa reintrodurre l’attenzione dello spettatore, indurlo al pensiero e all’analisi simbolica delle immagini che vede, per questo le opere video più interessanti giocano sulla tensione di suono e immagine, restituendo efficacia all’immagine attraverso la non-identificazione di specificità del mezzo e del contenuto.
Il mezzo video induce alla velocizzazione più che al rallentamento; ma alcuni dei più significativi videoartisti, come Robert Cahen e Pipilotti Rist hanno ben compreso come sia riservato alla tecnologia digitale il processo di estremizzazione del rallenty (Douglas Gordon, con Twenty four hour Psycho arriva a proiettare il film di Hitchcock in 24 ore).

Così, quello che forse è il videoartista più celebre della nostra epoca, protagonista negli ultimi mesi di una mostra storica allestita presso Palazzo Strozzi a Firenze, ovvero Bill Viola, adotta la tecnologia video facendogli violenza, col fine di esprimere idee, concetti e contenuti simbolici attraverso l’iper-rallentamento. Il primo punto relativo all’opposizione di Viola alla logica imperante dell’immagine diffusa negli ambienti televisivi e pubblicitari, è la sua volontà di “riaprire lo spazio dell’anima e del cuore”, attraverso la richiesta di “attenzione” rivolta al fruitore dinanzi alla durata dell’immagine prolungata all’inverosimile. The Greeting, opera esposta tra le più note dell’artista americano, si basa sulla rivelazione di elementi appartenenti alla quotidianità, e per questo passati inosservati: col rallentamento spasmodico dell’incontro di tre donne, possiamo concentrarci e scoprire tutte le sfaccettature di quest’incontro, dal disagio, all’ipocrisia, alla “recitazione sociale” che intende simulare un qualche piacere per l’evento.

Il ralenti tenta di mettere in mostra ciò che per sua natura è irrappresentabile, come il passaggio dal nulla alla nascita, o dalla vita alla morte. Spesso l’artista cede al fascino di esplorare concettualmente l’al di là della vita, ma lo fa sempre servendosi di materiali simbolici che attingono alla teologia occidentale o alle culture orientali, antiche e contemporanee (basti pensare all’importanza che ricoprono i quattro elementi e soprattutto l’acqua, come metafora di distruzione e nascita).

Quello che a noi interessa è però il modo in cui Viola continua a lavorare col limen, il confine tra visibile e invisibile, tra realtà e trascendenza, tra vita e morte; il mantenimento dell’invisibilità come tale è reso possibile attraverso la realizzazione di autentiche “immagini-tensione”. Prendendo ispirazione e partendo da modelli iconografici appartenuti, ad esempio, al Rinascimento o al Manierismo italiano, Viola carica di temporalità quelle immagini, facendole scorrere in maniera impercettibile. Agamben, a questo proposito, ha parlato di un “fremere dell’immagine” dal suo stesso interno:  “[…] non è soltanto l’animazione di immagini che era abituato a considerare immobili. Si tratta, piuttosto, di una trasformazione che concerne la loro stessa natura. Quando, alla fine, il tema iconografico è stato ricomposto e le immagini sembrano arrestarsi, esse si sono in realtà caricate di tempo fin quasi a scoppiare e proprio questa saturazione cairologica imprime loro una sorta di tremito, che costituisce la loro aura particolare”.