Un’arte della crisi nel trionfo della materia

Presso Palazzo Cipolla, una mostra che ripercorre un’esperienza artistica spesso trascurata, ma che rappresenta un’occasione importante per comprendere alcune tendenze dell’arte contemporanea.

Col tramonto dei tradizionali paradigmi di riferimento che hanno caratterizzato per secoli la storia dell’arte occidentale, avvenuto tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, l’arte contemporanea si è caratterizzata in tutto il corso del Novecento come un susseguirsi rocambolesco di movimenti, di manifesti, di stili che si sono spesso contrapposti, o che altre volte sono confluiti l’uno nell’altro. Le capitali mondiali della nuova arte, con fasi alterne, sono state per decenni New York da una parte e Parigi dall’altra, ma il focalizzarsi su queste due imponenti scene ha spesso determinato l’esclusione dell’interesse verso realtà più circoscritte, come per esempio l’arte del nord Europa e l’arte scandinava; quest’arte dimostra di essere ben allineata, espressivamente e teoricamente, con l’arte contemporanea ufficialmente riconosciuta e predominante.

Questa mi pare una doverosa premessa per parlare di un’importante avanguardia del secondo dopoguerra, importante perché si è diffusa, seppur per un periodo piuttosto limitato di anni, in diversi paesi europei, mettendo in comunicazione e in relazione artisti di diversa provenienza. Si tratta del collettivo COBRA, nome che è un acronimo delle principali città di provenienza degli artisti coinvolti, ovvero Copenaghen, Bruxelles e Amsterdam; la Fondazione Roma ha dedicato una grande mostra, destinata a restare un punto di riferimento significativo per la comprensione delle varie tendenze artistiche del Novecento, dal titolo COBRA. Una grande avanguardia europea 1948-1951. I curatori, Damiano Femfert e Francesco Poli, hanno ricostruito i percorsi e i profili più significativi di questo movimento, che in meno di una manciata di anni è stato capace da un lato di sintonizzarsi con le tendenze più significative che proprio in quegli anni si stavano diffondendo (dall’Espressionismo astratto americano all’Informale parigino), dall’altro a essere esso stesso elemento di influenza e di sperimentazione per le generazioni successive.
La diffusione geografica è l’elemento più intrigante, perché d’altronde gli artisti di COBRA presentano una tale varietà di modi e sensibilità da far diventare complicato rintracciare un elemento condiviso o un ideale: si passa infatti dall’impostazione astrattista di impronta fortemente kleeiana di La Ville di Corneille al ritorno del figurativo (spesso persino didascalico) di Carl Henning Pedersen (Venezia afrer til havet), oppure agli antipodi rappresentati dal vuoto decorativismo della pittura calligrafica di Christian Dotremont (che simula la scrittura cinese) e dai quadri intensi e macabri che denunciano gli orrori della seconda guerra mondiale come Beggin Children di Karel Appel e Concentratiekamp (oorlog) di Constant. In questo fitto percorso, che attraversa anche il nostro paese nonché la Francia e la Germania, quello che risalta immediatamente è la vicinanza nei confronti delle tendenze informali, d’altronde contemporanee al movimento COBRA: l’esaltazione del materico di contro al figurativo, l’irruenza delle paste cromatiche che assumono un valore espressivo persino “tattile” e non esclusivamente “visivo”, la repulsione per l’astrattismo razionale e cerebrale a vantaggio della passione per il gesto e la frenesia dell’azione, sono tutti elementi che avvicinano notevolmente Pierre Alechinsky, Karl Otto Götz e Asger Jorn (oltre alle opere degli artisti già citati) a Jean Dubuffet e Jean Fautrier, e questa vicinanza è in realtà trascurata all’interno dell’esposizione. D’altronde, anche il timido e goffo riemergere di una dimensione figurativa (seppure sfigurata), per non parlare dell’attrazione per il primitivo e per la sfera infantile come tentativo di ritornare all’ambito più ingenuo e immediato della percezione e della vita, sono tutti caratteri che sottolineano ulteriormente questa vicinanza, al punto da poter sostenere che l’arte di COBRA non sia in fondo che il corrispettivo dell’Informale francese in altri paesi (in primis Olanda e Scandinavia).

La mostra di Palazzo Cipolla è un’occasione unica per scoprire un movimento troppo spesso frettolosamente accantonato, è che invece diventa emblematico delle rivoluzioni artistiche vissute nel secondo Novecento, e soprattutto della definitiva crisi delle categorie classiche, crisi dell’ambito espressivo che riflette un’epoca abbandonata all’assurdità e alle atrocità della modernità.

La mostra continua:
Palazzo Cipolla
Via del Corso 320 – Roma

Fondazione Roma presenta
COBRA. Una grande avanguardia europea 1948-1951
Dal 4 dicembre 2015 al 3 aprile 2016
Orari: dal martedì alla domenica 11.00-20.00