L’enigma e il mistero della pittura

Milano e Palazzo Reale ospitano la grande mostra dedicata a uno dei più geniali e controversi artisti del Novecento

Sono trascorsi quasi cinquant’anni dalla mostra che Palazzo Reale dedicò nel 1970 al genio di Giorgio de Chirico. Oggi l’opera del grande artista, tra i maggiori esponenti della corrente pittorica metafisica, viene nuovamente celebrata tra le sale di Palazzo Reale, che incorniciano la retrospettiva dedicata all’autore dei celebri manichini.

Danno avvio a un percorso espositivo affascinante e suggestivo, che si snoda lungo tutta la vita artistica del pittore, offrendone uno spaccato umano straordinario, le opere dedicate a creature mitologiche, come Il centauro morente (1909). Dipinta probabilmente a Milano, l’opera contiene dei chiari rimandi alla vita dell’artista, con la figura del centauro assimilabile a quella del padre, prematuramente scomparso nel 1905.

Di grande impatto, il primo autoritratto del 1911 è carico di elementi che strizzano l’occhio alla filosofia di Nietzsche e rivelano la passione di de Chirico per quello che diventerà un fil rouge nella sua produzione pittorica, l’enigma. E proprio all’enigma è dedicato uno dei capolavori più suggestivi e misteriosi, L’enigma di una giornata (1914), in cui il susseguirsi di elementi cari al pittore – come la piazza, il treno, il portico, la ciminiera – e la composizione orizzontale della tela suscitano nel visitatore un forte senso di attesa, come se da un momento all’altro qualcosa o qualcuno ai margini dell’opera debba sopraggiungere sulla scena.

Il genio dell’artista si soffermerà spesso sulle sue radici, attraverso tele che ripercorrono in qualche modo i luoghi dell’infanzia in Grecia e la sua vita familiare. Suscita emozioni contrastanti, ad esempio, L’incertezza del poeta (1913), in cui sono presenti elementi che rimandano alle origini greche di de Chirico e alla professione del padre, ingegnere: il torso di una statua antica in primo piano, un treno in corsa e il pennone di una nave sullo sfondo. Il filone familiare si chiuderà con La primavera dell’ingegnere (1914), che segnerà il passaggio a una nuova dimensione creativa, in cui a prevalere sarà la costruzione teatrale dell’opera stessa, con le piazze realizzate come se fossero all’interno di scatole.

Lasciano senza fiato i dipinti al cui centro campeggiano, assoluti protagonisti, i noti manichini: uno fra tutti, Il Trovatore (1917), capolavoro del periodo ferrarese, che dà forma definitiva al tema stesso del manichino. Seppur priva degli arti superiori, la figura al centro della scena si caratterizza per il forte senso di fluidità ed equilibrio, mentre le ombre circostanti fanno da enigmatico contrappunto ai suoi vivaci colori, di chiara ispirazione quattrocentesca.

Dopo una suggestiva incursione nel tema dei Bagni misteriosi (1934-1935), con le loro acque spigolose e lignee, che trovano una sorta di loro culmine nella realizzazione della fontana di Parco Sempione a Milano, in occasione della Triennale del 1973, chiude idealmente l’esposizione Le muse inquietanti (fine anni ‘50), il dipinto che forse più di tutti racchiude la poetica di de Chirico e che egli stesso amò replicare, dando vita a una sua idea di serialità che affascinò anche Andy Warhol.

La mostra continua:
de Chirico
Palazzo Reale – Milano
fino al 19 gennaio 2020
Orari:
lunedì 14:30 – 19:30; martedì, mercoledì, venerdì e domenica: 09:30 – 19:30; giovedì e sabato: 09:30 – 22:30

Una mostra promossa da Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale, Marsilio e Electa
A cura di Luca Massimo Barbero
In collaborazione con Fondazione Giorgio e Isa de Chirico