Quando il mio corpo sarà cenere, il mio nome sarà leggenda

Alla Tenuta dello Scompiglio di Vorno, un video e un’installazione per concludere il secondo anno dedicato al progetto tematico Della morte e del morire.

Mai citazione fu più appropriata di quella di Jim Morrison che abbiamo adottato come titolo al pezzo. E infatti, allo Scompiglio (in provincia di Lucca), è visibile il video documentario di Miriam Gili, Diamanti, dedicato a una pratica sempre più comune, soprattutto in Oriente – dove è diventata addirittura l’ultima moda per i giapponesi – ossia trasformare le ceneri della cremazione dei congiunti in diamanti. Il video, in sé asettico e impersonale, si chiude su un paio di considerazioni che sembrerebbero leggere questa pratica con una certa dose di negatività, ossia come la trasformazione della morte in un oggetto del desiderio (quasi ci si potesse augurare la dipartita del coniuge o di un genitore per ritrovarsi un grazioso gingillo all’anulare). Dato, però, che tale pratica è più cara del comprarsi semplicemente un brillante da tasca media, sul mezzo carato o più, di normale qualità e fattura, ecco che l’agognata morte del parente risulta subito meno attraente.
In verità, pur paventando le mode, vi sono alcuni aspetti (che questo video non indaga, concentrandosi solamente sull’aspetto tecnico della fattura) che andrebbero considerati. In primis, e per quanto possa apparire prosaico, tra un’urna mortuaria nera, fredda, respingente, e un diamante azzurro, a livello puramente estetico non vi è paragone. In secondo luogo, i costumi funebri cambiano coi tempi e, comunque, in molte culture si tende a preservare i gioielli del morto e a indossarli (basti pensare alla fede del coniuge che uomini e donne, spesso, riadattano per portarla al dito o al collo). Vi è da considerare anche che il desiderio di possesso e d’inclusione del corpo dell’amato fa parte della psiche umana, Ecco l’impero dei sensi docet. E per finire pensare che l’essere umano così come il diamante siano composti dalle stesse particelle elementari, relativizza la morte del primo e la ricomprende in quel fluire della vita, in ogni sua forma, che ci fa sentire parte del tutto.

In mostra anche l’ultima installazione di Cecilia Bertoni, Camera #5, che prosegue la sua indagine su stanze/mondo che racchiudono un io femminile finora abbastanza distopico, contraddittorio e con una buona dose di angosce. Al contrario, in quest’ultima opera, si respira un senso di pace, di riconciliazione con il tutto. Il corridoio bianco candido che ci conduce all’interno dell’installazione può rimandare sia alla morte, per la sua assolutezza e perché colore legato al lutto in molte parti del mondo (ma anche da noi, in Europa, almeno fino all’avvento della moda del nero, imposta dalla cattolica Corte Spagnola verso la fine del ‘500), sia alla rinascita quale letterale venire alla luce (e il corridoio sarebbe un cordone ombelicale). Nell’aria si sente un profumo intessuto di essenze balsamiche che rilassa il corpo e la mente, e che rende l’installazione godibile a livello multisensoriale. Anche l’uso di materie naturali come il sale e l’acqua rimanda a un’aderenza con ritmi e saperi primordiali – e alle nostre radici antropologiche. Lo scricchiolio dei sassolini di sale calpestati sotto i piedi e il gocciolare dell’acqua lungo una parete completano, a livello uditivo, l’installazione, che pare avvolgerci amorevolmente, sollecitando un’adesione profonda. Le luci soffuse aiutano a metterci in contatto con il paesaggio naturale che ci circonda, mentre una struttura di vetro forse rimanda a quella trasparenza marina che stiamo attraversando, mentre ne calpestiamo il fondale. E, per finire, una stoffa ricamata. Uno tra gli stilemi di Bertoni che, però, invece di rimandare a simboli di dolore, a strappi emotivi e fisici ricuciti malamente, a fratture e cicatrici irreparabili, si ricopre di figure che paiono rincorrere e giocare con dei palloncini/spermatozoi portatori di leggerezza intrinseca e simbolica. Suggestioni. Tante.

Installazione e video saranno visionabili:
Associazione Culturale Dello Scompiglio

via di Vorno, 67 – Vorno, Capannori (LU)
fino a domenica 22 dicembre 2019
orari: da giovedì a domenica, dalle ore 14.00 alle 18.00; oppure su appuntamento, telefonando al 0583 971125

Miriam Gili presenta:
Diamanti
documentario non-fiction
progetto vincitore del Bando Della morte e del morire

Cecilia Bertoni presenta:
Camera #5
suono Carl G. Beukman
tecnica e allestimento Paolo Morelli, Alice Mollica, Chiara Nardi
con Daniele Ghilardi

Foto di Guido Mencari: Camera #5, Cecilia Bertoni