La creazione di scenari metafisici e la sfida della percezione

A cento anni anni dalla sua prima visita personale a Roma, Maurits Cornelis Escher è in mostra con un percorso antologico dedicato alla sua vita e alle sue opere, che si snodano in un percorso tra possibile e impossibile.

Nelle sale di Palazzo Bonaparte, dal 31 ottobre, Escher, artista inquieto e geniale, è esposto nella più grande mostra a lui mai realizzata. Prodotta e organizzata da Arthemisia, l’esposizione presenta ben trecento opere che ripercorrono la vita e le opere xilografiche e litografie dell’artista. Un mondo, quello di Escher, nascosto e misterioso che continuamente sfida le regole della psicologia della Gestalt, che basa le proprie radici sulla percezione visiva della realtà e sulla conoscenza del mondo in base all’esperienza; un mondo raccontato in un percorso cronologico diviso in otto sezioni, che vanno dai primi lavori xilografici alle varie riproduzioni paesaggistiche dei numerosi viaggi, dalle tassellature alla struttura dello spazio, dai paradossi geometrici agli universi rilessi nelle sfere e negli specchi, fino ad arrivare all’influenza contemporanea che l’artista ha avuto nel campo cinematografico, nella moda e nel design. Per  arricchire l’esperienza è stato ricostruita, senza tralasciare alcun dettaglio, una parte dello studio che Escher aveva a Baarn, in Olanda, dove sono esposti strumenti utilizzati dal maestro e il cavalletto usato durante le sue riproduzioni paesaggistiche per l’Italia.

I primi lavori di Escher, influenzati dall’Art Nouveau, rappresentano stampe e riproduzioni realistiche della natura, di fiori ed insetti, con linee semplici ma eleganti, che lasciano recepire tutta l’armonia artistica e la fedele riproduzione che l’artista voleva esprimere. Proseguendo, l’attenzione si pone sulle rappresentazioni paesaggistiche realizzate dall’artista soprattutto in Italia. Qui, si scopre il profondo amore che Escher nutriva per il nostro paese e per Roma: dopo aver visitato la Toscana, l’Umbria e la Campania, si trasferì per dodici anni nella Capitale, dove ebbe modo di coglierne ampi scorci e vedute. Di qui la realizzazione delle dodici xilografie (1934) dal titolo Paesaggi Notturni – tra cui Il colonnato di San Pietro, San Nicola in carcere, Piccole chiese, Piazza Venezia, Santa Francesca Romana, Il Dioscuro Polluce, Roma (e il Grifone dei Borghese, 1927), San Michele dei Frisoni, Roma (1932) e Tra San Pietro e la Cappella Sistina (1936). Esposta è anche Roma Notturna, realizzata a partire dagli schizzi abbozzati di notte (poiché l’artista riteneva che proprio la notte fosse in grado di palesarne i dettagli architettonici), grazie a una torcia e il famoso cavalletto da viaggio.

Questo periodo e le notti passate nella riproduzione dettagliata delle vedute di Roma, influenzarono molto Escher, soprattutto per l’attenzione rivolta alla prospettiva e alla percezione, che andò a studiare e a sviluppare in maniera sviscerata negli anni successi con i paradossi geometrici e le illusioni ottiche.

La sezione delle tassellature rappresenta un periodo intermedio della crescita artistica di Escher, poiché diventerà un tratto distintivo in cui fantasia e regole geometriche si combinano dando vita a nuovi soggetti. Da qui, si arriva alle Metamorfosi, punto cruciale della vita del maestro, nonché caratteristica fondamentale della sua arte e del suo percorso creativo; Escher crea un mondo dove le figure danno vita a infinite trasformazioni, creando una moltitudine di soggetti e forme, come il celebre Metamorfosi II (1339-40) una delle xilografie a colori più lunghe mai realizzate, dove il caos delle figure in cambiamento è capace di affascinare e trasmettere quiete a chi l’osserva.

Dalla sezione delle Metamorfosi, si prosegue alla Struttura dello spazio dove viene palesato allo spettatore che “disegnare è un inganno”, con l’opera Mani che disegnano (1948) che rappresenta una mano che spunta dal foglio e disegna una mano che la sta disegnando.

Escher, che considerava il mondo percepito tridimensionalmente e il disegno bidimensionale in perenne conflitto, data a questo conflitto il potere di generare illusioni e situazioni paradossali. L’artista cominciò a realizzare ed esplorare lavori, non più in virtù di quella che i greci chiamavano doxa, ma servendosi della para-doxa – che va oltre le aspettative.

In questo periodo Escher, allontanatosi dalle rappresentazioni realistiche e avvicinandosi alla matematica e geometria, esplora le superfici sferiche e solide come il famoso Mano con sfera riflettente (1935), che può essere spiegato parafrasando il commento di Escher sulla litografia: “la sfera, riflettendolo, racchiude in sé tutto lo spazio circostante al cui centro si scaglia proprio colui che la guarda; l’uomo é quindi al centro di questo universo.” In questo periodo infatti, è interessante notare l’attenzione dell’artista per la relazione tra singolo individuo e il mondo circostante. Nella sezione dedicata proprio alla Struttura dello spazio, oltre a essere state installate delle sfere in cui è possibile indagare la prospettiva, sono presenti quattro sfere più piccole che il visitatore può prendere in mano e, di fronte ad una luce appositamente introdotta, giocare con la prospettiva di sé stesso e dello spazio .

La sesta sezione è dedicata ai Paradossi geometrici, dove il culmine dell’estro geniale e creativo di Escher si espande in una ricerca di strutture impossibili. Qui le illusioni ottiche e le regole geometriche giocano il ruolo fondamentale del far apparire plausibile ciò che si sta guardando, il tutto in un vortice di continuità infinita.

Attraverso le sue Costruzioni impossibili, si può notare come Escher abbia cercato di sfidare la percezione creando situazioni impossibili nella realtà, come le celebri architetture che si moltiplicano e incastrano in un labirinto multidirezionale di scale, tasselli e colonne dove le regole abitudinali della forza di gravità non vengono applicate. Relatività (1953) e Concavo e Convesso (1955) sono degli esempi dal momento che trasmettono sensazioni di disordine e vertigine incanalate in uno spazio ordinato e calcolato matematicamente; come Escher stesso sosteneva, adoriamo il caos perché amiamo produrre l’ordine.

Nelle ultime due sezioni, Lavori su commissione ed Eschermania, è possibile seguire la carriera grafica di Escher e i suoi lavori su commissione, nonché soffermarsi su quanta influenza nell’epoca contemporanea questo artista abbia avuto. Dagli anni 60, soprattutto correnti controculturali come quella degli hippies, hanno contribuito ad aumentare la sua visibilità, proprio per questo richiamo psichedelico in un mondo dove la percezione viene sfidata e le regole matematiche e geometriche vengono messe in discussione.

Grazie all’ausilio degli schermi, è possibile soffermarsi su come le opere di Escher abbiano generato dei chiari riferimenti ipertestuali anche nel cinema e nel mondo delle serie: le famose scale di Relativitá o di Salita e discesa si trovano in film come Suspiria (Dario Argento, 1977), Il nome della rosa (Jean Jaques Annaud, a986), Harry Potter e la pietra filosofale (Chris Columbus, 2001), Inception (Christoper Nolan, 2010), Squid Games (Hwang Dong-Hyuk, 201).

Nonostante le conoscenze di Maurits Cornelis Escher fossero visive ed intuitive, mettendosi alla prova con l’architettura e la prospettiva l’artista non solo ha saputo creare mondi dove l’impossibile si fa reale ma, ancora oggi, stupisce la comunità scientifica che stima e apprezza le sue opere per il punto d’incontro tra arte e scienza. L’esposizione si presenta come un percorso in cui il cambiamento e la metamorfosi sono passaggi importanti nella vita e nell’arte di Escher, esemplari di una ricerca capace di andare oltre le regole logiche del mondo percettibile e di sfociare in una dimensione metafisica, presentando agli occhi di chi guarda anche come un gioco.

Dopotutto lo stesso Escher sosteneva “Il mio è un gioco. Un gioco molto serio!“, come se nel gioco della creazione di questi nuovi mondi egli andasse alla ricerca di una qualche verità molto più profonda di quanto si possa pensare a prima vista. Ed è in quest’ottica che il visitatore viene catturato e trasportato nel gioco dualistico dell’immaginario e del reale, del sembrare e dell’essere, del caos e dell’ordine, del singolo e del tutto circostante, in un turbinio continuo di cambiamenti.

Un viaggio dinamico per visitatori, nel quale è impossibile non fermarsi per cercare di capire dove inizi l’impossibile e dove finisca il possibile. La presenza di istallazioni e telecamere fa si che i visitatori interagiscano con alcune opere, rendendosi partecipatori attivi del genio creativo dell’artista.

La mostra continua:
Palazzo Bonaparte
Piazza Venezia 5 – ROMA

Arthemisia presenta
Escher
dal 31 ottobre 2023 al 1° aprile 2024
orari apertura: da lunedì a giovedì dalle 9.00 alle 19.30
venerdì, sabato e domenica dalle 9.00 alle 21.00
(la biglietteria chiude un’ora prima)
photo da Arthemisia | Mostre Palazzo Bonaparte