Un intellettuale col naso all’insù

A Roma, presso il Chiostro del Bramante, si è da poco inaugurata la mostra sul maestro olandese dell’incisione contemporanea, Mauritius Cornelis Escher, curata da Marco Bussagli e prodotta da DART Chiostro del Bramante e Arthemisia Group, in collaborazione con la M.C Escher Foundation e patrocinata da Roma Capitale. Ovviamente noi eravamo lì a curiosare e vi racconteremo le suggestioni evocate dai lavori di questo intellettuale per cui il termine artista sembra davvero riduttivo.

Alla conferenza stampa del 19 settembre 2014, che anticipava l’inaugurazione della mostra romana su Escher, c’era davvero grande attesa e tanto fermento. L’evento, era stato in qualche modo precorso con la mostra L’enigma Escher e un ciclo di conferenze, sempre curate da Bussagli, l’inverno passato a Reggio Emilia, presso la Fondazione Palazzo Magnani. Nella capitale, poi, la pubblicità dei mesi scorsi aveva acceso i riflettori sul Chiostro del Bramante, che proprio qualche giorno fa si concedeva al suo pubblico nel rinnovato splendore che il recente restauro gli ha conferito. L’atmosfera si faceva da subito piacevole e familiare: nonostante l’attesa cui gli organizzatori hanno lasciato bollire il pubblico affamato di arte, la conferenza non ha avuto il carattere di un freddo incontro tra esperti di settore, ma è anzi stata un’occasione per spiegare che quando si persegue un obiettivo comune e si lavora in armonia – il riferimento è ai principali attori dell’evento, DART Chiostro del Bramante, Arthemisia Group e Fondazione Escher – i risultati ripagano. Il curatore Marco Bussagli, saggista, storico dell’arte e docente di prima fascia presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, ci confessa che la passione per Escher perde le tracce nella sua infanzia, quando tappezzava il muro della cameretta con poster che ritraevano quei particolari giochi enigmatici scaturiti dalla mente dell’incisore. Scopriamo inoltre che nei mesi estivi appena trascorsi, il figlio dell’olandese ha compiuto un viaggio nelle nostre terre alla ricerca di quei colori, sapori e visioni che tanto erano rimasti nel cuore del padre in occasioni dei lunghi soggiorni italiani. Cresce così tra il pubblico l’affetto e la simpatia per un artista che giovanissimo chiede ai genitori di accompagnarlo in Italia, con l’intento di approfondire gli studi artistici già coltivati in patria. La gradevole chiacchierata informale si consuma, dopotutto, in fretta per non togliere spazio alla vera esperienza della mostra: l’universo magico che era stato annunciato – forme con cui giocare, illusioni da capire e spazi da indagare – voleva ora essere toccato con mano.
La mostra, in questo senso, si presenta davvero come un parco-divertimenti intelligente, dove si impara e si ama l’arte senza per questo rinunciare al piacevole svago: le pareti nere e grigie, chiaramente concepite in armonia con i toni delle incisioni che ospitano, sono intervallate da pannelli rossi fuoco che stimolano l’intelletto con le spiegazioni razionali dei principali accorgimenti illusionistici utilizzati da Escher ma, contestualmente, lasciano spazio all’esperienza diretta.

Un percorso della mostra è appunto studiato col fine di indagare le leggi della percezione visiva, offrendo all’osservatore la possibilità di ricostruire forme, staccare e ricombinare immagini a proprio gradimento, guardare dentro sfere concave e convesse, perdersi negli specchi deformanti. Un’attenzione del tutto particolare, inoltre, è riservata alla tecnologia più avanzata, laddove i pannelli invitano a scattarsi un selfie e prendere così parte all’opera, che non viene più appunto solo guardata, ma soprattutto vissuta. Le 150 incisioni presenti nelle sale, bulini e xilografie, comprendono i più noti capolavori dell’olandese (cosa se vogliamo rara, considerando che quando nelle mostre si fa il nome altisonante di un singolo grande artista poi ci si ritrova ben altro) come Giorno e Notte, Casa di Scale, Rettili, Mano con sfera riflettente, solo per citarne alcuni, i quali dialogano sapientemente con qualche opera di contemporanei. Si riconoscono così Giacomo Balla, Giorgio De Chirico, Marcel Duchamp e Benedetta Marinetti Cappa. Allo stesso modo è possibile avvertire l’eco delle opere di Dürer, il surrealismo dei paesaggi magrittiani, lo smembramento della realtà dei cubisti, l’atmosfera magica dei simbolisti e il mondo incantato di Brueghel o Bosch popolato da pesci volanti, draghi e pipistrelli. In altre parole, la mostra testimonia come Escher sia attento a ogni stimolo o impulso arrivato dall’esterno, da un tempo passato o presente (e perché no futuro?), e filtrato attraverso la sua sensibilità e la sua creatività geniale. Ama studiare con la metodologia di un matematico. E, infatti, dal mondo scientifico sarà più volte apprezzato e lodato. Poi, però, si perde dietro la costruzione di “oggetti impossibili” come il cubo di Necker – nel quale non si capisce quale faccia stia davanti – con la stessa testardaggine e dedizione di un bambino impegnato a dar vita al suo percorso creativo tramite l’intreccio continuo di suggestioni e fantasia. Da bravo intellettuale curioso, con il naso rivolto alle stelle, non si accontenta dell’esperienza data dall’ingannevole apparato sensoriale, costretto a fornire risposte soggettive, ma indaga il regno dell’impossibile arrivando a creare mondi paralleli realizzabili solo nella sua mente e nelle sue incisioni. Escher è affascinato dagli oggetti di vita quotidiana e dalle risorse offerte dalla natura: «Voglio trovare la mia felicità nelle piccole cose – una minuta pianta di muschio lunga 2 centimetri su una roccia – e voglio provare a fare quello che ho voluto per così tanto tempo. Cioè copiare queste minuscole cose il più precisamente possibile ed essere consapevole della loro misura.. ». Tuttavia il compito dell’artista non si limita né si esaurisce nella riproduzione: a lui interessa contemplare gli oggetti, comprenderli e poi spogliarli dei loro abiti consueti, particolarmente affascinato dai contrari di questi, dai palindromi, dalle immagini riflesse negli specchi e dai paradossi dei piani, dove il vuoto finisce per diventare pieno e viceversa. Escher procede cercando la geometria in tutto quello che osserva, probabilmente influenzato dal padre ingegnere e dal fratello cristallografo, e arriva a prendere la struttura del cristallo come punto di riferimento nello spazio per alcune opere, ammirandone la struttura poliedrica. Tanto che diversi minerali sono stati selezionati dal curatore ed esposti in mostra, grazie alla generosa concessione da parte del Museo di Mineralogia della Sapienza di Roma. Non si pensi però a un Escher “calcolatore elettronico”: la sua curiosità per il mondo, quel mondo indagato con un punto di vista particolare, gli permette di far diventare la geometria gioco e magia. Egli occupa un posto del tutto isolato nella storia dell’arte internazionale e non si conoscono diretti allievi o imitatori. Tuttavia, la sua arte ha un’eco sconfinata e la mostra dedica una speciale sezione alle copertine dei 33 giri, ai fumetti, alle illustrazioni di riviste scientifiche o opere letterarie che riportano le sue creazioni, e contribuiscono ad accrescerne la notorietà, anche considerando il mancato apprezzamento dei suoi contemporanei.
Un viaggio dunque all’interno del meraviglioso mondo di Escher, un uomo che non è solo un matematico, non è solo un incisore e non è solo un grafico, ma piuttosto è un intellettuale a tutto tondo, un intellettuale curioso col naso all’insù, contraddistinto da una poliedricità cristallografica che la mostra riesce saggiamente a cogliere e restituire.

La mostra continua:
Chiostro del Bramante
Via Arco della Pace, 5, Roma
Fino al 22 febbraio 2015
futti i giorni dalle 10 alle 20, sabato e domenica dalle 10 alle 21