Le mostre d’autunno 2017

A San Gimignano quattro personali per raccontare l’universo artistico di Jonathas De Andrade, Etel Adnan, Ahmed Mater e Sabrina Mezzaqui.

Dal microcosmo delle economie di sussistenza all’economia globale; il passato riconfigurato dal presente a causa delle scelte economiche; la religione che sembrava retaggio atavico e che condiziona, al contrario, scelte economiche dalle quali è, a sua volta, condizionata. Partendo da queste tematiche e dal suo Paese d’origine, l’Arabia Saudita, esemplare di entrambi i poteri – con la Mecca e i pozzi petroliferi – Ahmed Mater mette in mostra, a Galleria Continua, una serie di fotografie (Desert of Pharan. Unofficial Histories behind the Mass Expansion of Mecca, 2011/17) che testimoniano come un luogo di culto, meta di milioni di pellegrini, possa diventare immagine simbolo dello sviluppo economico e del gigantismo immobiliare – ma anche di verità imposte che si trasformano in diktat per la vita di milioni di uomini e donne. Centrali economiche (o energetiche – come i mitocondri di cui parla lo stesso artista) singole, eppure collegate, per raggiungere un unico fine.
Sempre in mostra anche piccoli proiettori di diapositive su vetro (Ashab Al Lal / Fault Mirage), che mostrano i paesaggi di un passato nomade sovrapposto a un presente tecnologico. Un palese distacco visivo e percettivo che rimanda a una domanda sull’odierna necessità di operare tali trasformazioni dell’ecosistema, così come impongono le scelte economico-politiche. Mentre un fulmine – generato da una bobina di Tesla – illumina quel mondo ancestrale di sabbia, ormai snaturato dalla sua stessa natura di serbatoio di petrolio, trivellato di pozzi e scarnificato dagli oleodotti.

Molto più psicologica la mostra di Jonathas De Andrade, suddivisa in tre step – di cui sono in esposizione il primo e il terzo. Prendendo a pretesto uno studio degli anni Cinquanta della Columbia University condotto nel nord-est di un Brasile ancora poco industrializzato e dall’analisi del libro che ne scaturì: Razza e classe nel Brasile rurale, l’artista presenta Eu, mestiço/ Me, mestizo (2017). Nella grande sala sotto l’Arco dei Becci sono in mostra, ritagliate e apposte su supporti di cartone, immagini di donne e uomini, ragazzi e ragazze incontrati in tre Stati brasiliani e fotografati mentre cercano di esprimere, quasi sempre con il volto, gli stati d’animo suscitati da un lungo elenco di parole impresse su cartoncini, che compongono un filo conduttore che attraversa tutta la sala. Parole che rimandano alle emozioni e ai sentimenti dei loro compatrioti che, negli anni Cinquanta, avrebbero dovuto provare di fronte ai ritratti proposti dall’indagine della Columbia University. Dal centro dell’esposizione si cerca, in alcuni casi a fatica, di ricomporre il puzzle per individuare le differenze somatiche che i vari soggetti ci mostrano – e le possibili inferenze suscitate negli osservatori.

Passando nella nuova sede di Galleria Continua, sempre a San Gimignano, si possono ammirare i lavori di Etel Adnan. Tra le opere in mostra spicca il paravento di alabastro (San Gimignano 4, 2014) sul quale campeggiano paesaggi rurali toscani e gigantesche torri, un omaggio e un riflesso degli spazi che ci circondano e che, come in un libro pop-up, ci permettono di immergerci in un universo tratteggiato con la delicatezza dell’infanzia. Nella prima sala una serie di quadri che, nelle forme geometriche decise e nelle ampie campiture piatte accennano ad altri paesaggi, più della mente che reali. I colori accessi e il tratto deciso rimandano indubbiamente all’universo dei fauves. Forme e scelte coloristiche similari anche nei due arazzi intessuti in lana (Lumière Blanche e Déjeuner au soleil, entrambi del 2016).
Frasi spezzate o antiche favole catturate da un filo sottile: eccoci nelle sale che accolgono la mostra di Sabrina Mezzaqui. La fragilità dei pensieri collegati tra loro da una rete di neuroni, che il tempo tende a consumare, se quelle stesse parole, applicate a un supporto altrettanto fragile, non consentissero un’illusione di eternità. Interessante la ricerca dei supporti del dittico S.T., composto da lettere di cellulosa sospese nell’aria quanto lo sono le parole delle fiabe più volte raccontate e rese familiari dalla ripetitività.
Il lavoro manuale, alla base di un progetto artistico, si ripropone in molti tra le opere esposte, come in Bianco naturale (2017), dove da un ipotetico vaso di Pandora fuoriescono collane composte di pezzetti di carta ritagliati uno a uno – come si vede nella serie di foto proiettate nella sala accanto – e poi collegati tra loro, quasi ricomposti in una catena che sembra non avere fine – simbolo dell’unione e della continuità del mestiere, del lavoro delle mani.

Quattro proposte molto differente tra loro ma che cercano, nelle tradizioni e nei sommovimenti di questi tempi anche tragici, di trovare un filo che ricolleghi le comunità attraverso la somma delle culture senza prevaricarne il senso. Un filo che ritesse i rapporti resi sempre più fragili da egoismi individuali e collettivi.

Le mostre continuano:
Galleria Continua
via del Castello, 11 (e varie location nel centro storico)
San Gimignano (SI)
fino a domenica 7 gennaio 2018
orari: da lunedì a domenica, dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 19.00

Jonathas De Andrade presenta:
Eu, mestiço / Me, mestizo

Etel Adnan presenta:
Déjeuner ai soleil

Ahmed Mater presenta:
Mitochondria: Powerhouses

Sabrina Mezzaqui presenta:
Autobiografia del rosso