Uno sguardo analitico, identitario, unico

Dal 30 Novembre 2019 al 19 Gennaio 2020, al Museo di Roma in Trastevere, la retrospettiva sulla fotografa austriaca che ci ha raccontato il mondo per cinquant’anni, attraverso la sua Leica M4.

La fotografia è essenzialmente una questione personale: la ricerca di una verità interiore” – con queste parole di Inge Morath i visitatori vengono introdotti all’interno del Museo di Roma in Trastevere, per ammirare ed analizzare, chi con diletto, chi con spirito critico, chi con semplice curiosità da sabato pomeriggio, la retrospettiva dedicata alla fotografa dal titolo La vita. La fotografia. Di fatto, questa citazione pone un quesito difficile da ignorare: l’arte in generale, ma la fotografia e il cinema in particolare, forniscono indubbiamente uno sguardo d’autore sul mondo, un punto di vista sempre diverso e personalissimo; per questo motivo, può l’artista davvero riuscire a raggiungere la verità interiore?

Inge Morath ha dedicato gran parte della sua esistenza a questa ricerca. Nata a Graz, Austria, nel 1923, ha studiato lingue in vari paesi d’Europa e lavorato come traduttrice per il servizio informazioni americano. La sua carriera fotografica comincia nel 1949, quando grazie ad un reportage sui campi di prigionia russi, viene arruolata dalla neonata azienda fotografica Magnum e finisce sotto l’ala dei suoi fondatori, Robert Capa (celebre fotografo della seconda guerra mondiale) e Henri-Cartier Bresson, colui che verrà definito “l’occhio del secolo”. Sarà proprio Bresson a riconoscere in Inge la capacità di catturare il “momento decisivo” dell’azione nelle sue fotografie, qualità che conferisce ai suoi scatti un forte impatto narrativo. Dal 1949 in poi, la carriera della Morath si profila in ascesa costante: esplorerà a fondo i cinque continenti, contribuendo a numerosi libri illustrati e raccontando il mondo dalla sua prospettiva, fornendosi dello stile street che la contraddistingue. Inoltre, si imporrà allo stesso tempo come fotografa di set cinematografici: in questo ambiente immortalerà personalità come Marylin Monroe e conoscerà colui che diventerà suo marito, lo sceneggiatore Arthur Miller. A completare il suo vastissimo portfolio si aggiungeranno lavori di natura storico-giornalistica, come i funerali di Robert Kennedy e la caduta del muro di Berlino. Inge si spegnerà nel 2002, all’età di 79 anni, a causa di un linfoma.

Dal punto di vista del percorso, la mostra si presenta disposta ai visitatori in un susseguirsi di corridoi a ferro di cavallo. La particolarità del Museo di Roma in Trastevere, incastonato ai piedi della chiesa di Santa Maria in Trastevere, fulcro dello storico rione della Capitale, risiede nell’architettura rurale e fondamentalmente semplice, che gli permette di amalgamarsi perfettamente col look visivo dell’intero quartiere. Gli interni dunque rispettano fedelmente l’architettura esterna, con l’impressione che sia stata data precedenza a questo fattore anche nell’allestimento della mostra stessa. I documenti consistono prevalentemente nell’esposizione di foto della Morath, insieme a una sala dove si proiettano contenuti audiovisivi, testimonianze degli amici di Inge e della fotografa stessa.

Non vi è ordine cronologico nell’allestimento, bensì le foto sono suddivisive geograficamente e il passaggio da un paese all’altro è intramezzato da un padiglione esplicativo riguardo il lavoro effettuato dalla fotografa in quella particolare città. Foto di più paesi si susseguono dunque sui muri dei corridoi allestiti. Tuttavia viene seguito un ordine di tipo circolare: la mostra comincia con un autoritratto della fotografa e si chiude con l’ultimo scatto prima della sua morte che riprende l’autoritratto iniziale. Prima dell’ultima fotografia, una piccola porzione di muro viene dedicata ai suoi ritratti alle varie celebrità. Ad introdurre la carrellata fotografica nei vari paesi, ci sono scatti fatti da diversi autori che ritraggono Inge Morath nei vari lavori assegnatile. A conclusione invece, vi è un’esposizione di locandine di varie mostre fotografiche della Morath in giro per il mondo.

A mio parere, l’allestimento scelto potrebbe risultare dispersivo per i più, poiché non viene tracciato fisicamente un percorso per lo spettatore. Ad essere onesti, lo spazio a disposizione è abbastanza limitato e circoscritto in corridoi angusti che di sicuro non contribuiscono ad una fruizione fluida e logica dei contenuti esposti.

A livello artistico, ogni paese raccontato da Morath viene sviscerato nell’animo all’interno di ogni singolo scatto. Attraverso le storie della gente “normale”, l’autrice ci regala cartoline di varie identità culturali: dall’ideale di bellezza dell’America degli anni ’50, sino alle strade sovraffollate di una Cina in crescita, passando per le danze sciamaniche dei beduini iraniani e per la lotta femminista nella Spagna franchista. Paradossalmente, Inge si abbandona ad un intento introspettivo solo nelle foto raffiguranti la sua patria, l’Austria, rappresentata nell’austerità dell’architettura austro-ungarica e nell’asetticità della simmetria. I ritratti invece, posti a fine allestimento, fungono più da memorabilia per le grandi celebrità, che come vera rappresentazione della sua sensibilità artistica.

Inge Morath dunque ha utilizzato per una vita la fotografia alla ricerca della verità interiore. Ma forse, l’unica verità, è che questa ricerca non l’ha mai portata ad una conclusione; la ricerca della verità interiore è una scusa ingegnosa per giustificare il senso di necessità primordiale, innato, inspiegabile, che un artista sviluppa nel professare la propria arte: “Scattare foto era diventata una necessità, e io non volevo rinunciare a nulla”.

La mostra continua:
Museo di Roma in Trastevere
dal 30 novembre 2019 al 19 gennaio 2020
dalle ore 10 alle ore 20

Inge Morath: la vita, la fotografia
curatori Marco Minuz, Brigitte Blüml – Kaindl, Kurt Kaindl
promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale, Sovraintendenza Capitolina ai Beni Culturali.
organizzazione Suazes, in collaborazione con Fotohof e Magnum photos, e con il supporto di Zètema Progetto Cultura.