Galleria Continua compie trent’anni

L’essere umano ha un cervello diffuso: le sue viscere. Ecco un esordio che per alcuni mal si sposerà a un articolo d’arte contemporanea. Epperò c’è un senso, posto che si continui a leggere.

Dicevamo che già da tempo la scienza ha riconosciuto al più scabroso dei nostri organi interni – l’intestino – l’appellativo di “secondo cervello”. Di più, a sentire gli autorevoli studi avremmo a che fare con un cervello esteso e funzionale in ciascuno dei suoi numerosi metri di lunghezza. Ben altra espansione a confronto col compagno più canonico, che vive compresso in quei cinquantotto centimetri medi di circonferenza cranica.
Ma perché parlare di questo? Perché già da diversi decenni, dal chiudersi degli anni Sessanta in poi, una concezione analoga è andata sviluppandosi nei nostri territori. Abbiamo progressivamente assistito alla liberazione spaziale dei nostri manufatti artistici, via via più portabili ed eterogenei, investiti da nuove responsabilità ed esposti a un pubblico sempre più ampio, differenziato e talvolta confuso. Soprattutto, abbiamo assistito a una convergenza tra le nuove manifestazioni e il territorio.
Possiamo dirlo: l’arte è finalmente un cervello diffuso. Ha abbandonato la calotta aurorale ed esclusiva di musei e dimore storiche per recuperare la dimensione della piazza, della strada, della grotta. E il nostro paesaggio, il territorio frammentato a livello storico – profusione di ducati, di repubbliche, di marchesati – si presta così bene a questo dorato sbriciolamento di bellezza e concetto, o di ambiguità e orrore. E come le viscere umane, anche l’arte è andata incontro a una riduzione formale, a un recupero di strutture pure e portati archetipici che dialogano col patrimonio di favole e folklore che ci portiamo in spalla dai nostri albori.
Basta così. Il preambolo è concluso.

San Gimignano è arroccata tra i colli toscani, un tappeto di pietra e ceramiche, di viottoli rossi e scorci banditi che ti assaltano a lato. È qua che ha sede Galleria Continua, una realtà espositiva con altre succursali a Roma, Beijing, Les Moulins e Habana.
Sorto nel 1990 in un garage dal sodalizio di tre giovanissimi – Mario Cristiani, Giovanni Fiaschi e Maurizio Rigillo – questo spazio espositivo si accompagna da subito a un altro progetto, l’Associazione Arte Continua. Nella cittadella dei panorami, il connubio tra arte e territorio sboccia pressoché immediato: è del 1996 la prima edizione di Arte all’Arte, col progetto di portare ogni settembre sei importanti artisti internazionali a contatto con la morfologia dei comuni coinvolti. E parliamo di luoghi ameni, decentralizzati, minuti, come nello spirito di quell’arte povera che, a partire dagli ex Arsenali di Amalfi del ‘68, avrebbe sempre militato per la valorizzazione dei piccoli centri.

A questo percorso, lungo le stradine di San Gimignano e Poggibonsi o tra dolci colline e valli dorate, si uniscono due importanti mostre, dedicate a JR e Michelangelo Pistoletto.
Nella sede principale di Galleria Continua, ecco JR e la sua Omelia Contadina (cofirmata con Alice Rohrwacher). Offrendoci prima un excursus sul fotografo parigino, l’evento introduce il visitatore a una concezione monumentale della fotografia, sulla falsariga dei grandi muralisti sudamericani e della street art nuda e cruda, dove non è tanto l’opera in sé, quanto l’atto clandestino e liberatorio di riappropriarsi delle mura pubbliche, per produrre un messaggio che sia o meno contestatario e per esporlo alla collettività in spregio alla proibizione delle alte sfere.
JR, viaggiatore innamorato delle città, ne riveste tetti e mura servendosi delle gigantografie dei suoi abitanti, che applica nel corso di azioni collettive consumate in una notte – e che generalmente hanno vita breve, incorrendo ben presto nelle operazioni di ripulitura urbana. Cicli contestatari come Face 2 Face, che affianca sul muro che divide Israele e Palestina i fotoritratti di soggetti di ambo le città, suddivisi in professioni e ruoli sociali: il commesso israeliano e il commesso palestinese, il rabbino e il mullah, il bambino ebreo e quello musulmano, non di rado caratterizzati da smorfie e atteggiamenti sdrammatizzanti, in quella che è stata definita “the largest illegal photography exhibition ever” (dal sito dell’artista).
Per il Bel Paese, JR si cala nella tematica della crisi agraria, un progetto maturato tra Umbria, Lazio e Toscana e che ha previsto il solenne interramento di gigantografie rappresentanti i nostri contadini. Come tipico di JR, la verve artistica si è focalizzata sull’evento piuttosto che sul manufatto: un funerale di tutto rispetto, accompagnato dalla marcia e dalla lettura pubblica di un’omelia, finita la quale, nella commozione generale, gli esponenti della classe agraria spalano zolle di terra sul grande cadavere di se stessi. Realizzato con la regista italiana Alice Rohrwacher, il cortometraggio ha debuttato già alla Mostra Internazionale di Venezia.

In piazza della Cisterna si apre altresì la personale, Messanudo, di Michelangelo Pistoletto – che rinverdisce un ciclo che, accanto alla Venere degli Stracci, è pietra miliare del suo percorso artistico, ossia quei quadri specchianti che così bene rispondono al concetto di dialogo ambientale; manufatti destinati a cambiare costantemente, dal momento che colui che li guarda ne diventa componente di sfondo. Anch’egli preda dell’attuale fervore antidiscriminatorio che ha investito la nostra cultura, Pistoletto pone sui suoi specchi la nudità di modelli e modelle di svariate etnie, un’espressione ormai aggiornata di quelli iconici apparsi alla Galatea nel ‘63, dunque a Parigi, Minneapolis, Bruxelles, Rotterdam e New York. Sopravvive anche in questi quel sottofondo di voyeurismo che investe l’osservatore nell’istante in cui, riconoscendosi sullo sfondo della composizione, prende coscienza della propria natura di occhio sbirciante, qui enfatizzata dalla nudità dei personaggi; ma è anche il permanere del senso di fugacità, di un’opera che non trova requie e che sempre cambia, sempre si adatta, sempre dialoga col proprio circondario. E il fil rouge continua a tendersi.

Tralasciando gli eventi di Poggibonsi e Colle Val d’Elsa – una impreziosita dalle installazioni di Gormley e Paladino, l’altra di Sol LeWitt – le strade di San Gimignano s’ingemmano delle opere di Anish Kapoor, Kiki Smith e Joseph Kosuth. Il primo, l’innamorato dei contrasti, che individua il mistico nel materico, il sangue sacrale nell’usatissimo rosso e il più divino dei concetti nella pietra, è presente nel borgo con Underground, un’immersione nelle viscere di un’antica cisterna, là dove l’artista britannico ha compresso un’amigdala in ferro e cemento scabro. La struttura, sul filo della poetica di altre sue opere mastodontiche, mira a sopraffare l’animo del visitatore. La percezione è quella di assistere a un prodigio in fieri, a un cantiere messianico, all’imminente distruzione o salvazione del mondo. È forse la sensazione che pare anche provare la bambina di Kiki Smith, quella Yellow Girl che la figlia del maestro della minimal art ha collocato nella Rocca di Montestaffoli. La Smith, da sempre interessata al corpo femminile, che complica in allusioni che differiscono nettamente dal formalismo che fu di suo padre e delle sue sculture nere, espone una bimba su una sedia, sotto una pioggia di lampadine di cristallo. Nato da un progetto precedente in Giappone, che prevedeva la rappresentazione di raccoglitrici di legna a riposo accanto alle fascine, il concetto della donna seduta a meditare si ripete in questa forma gracile, inglobata dalla pietra come la mandorla di Kapoor, ma illuminata dall’interno, da quel brulichio di bulbi elettrici, la cui luce si enfatizza nel giallo del vestito e nella pelle candida, nello sguardo vacuo – nella vacuità meditativa che precede l’Idea. Ancora sedie. E ancora idee. Joseph Kosuth, d’altronde, ha sempre lavorato sull’idea e sulla sua espressione iconico-verbale. Come dimenticare One and three saws, rappresentazione una e trina di una sega – l’oggetto effettivo, la sua riproduzione fotografica e la definizione estrapolata dal vocabolario? A San Gimignano Kosuth riprende il filone delle citazioni, che ricontestualizza – e dunque risemantizza – in luoghi appositamente scelti. La sedia davanti alla porta s’impossessa di una frase di Walter Benjamin e la colloca nel parco giochi della città. La frase, che riportiamo per intero alla fine dell’articolo*, ci parla come i murali di JR, di una presa di libertà nei confronti della strada; una libertà che si conquista con l’atto banale di disporre la propria sedia oltre la porta di casa. La causticità del filosofo nell’ultima parte scoperchia la discriminazione che rode la comunità dall’interno e che forse, ancor più della prevaricazione del potere, è l’autentica causa della liberazione mancata. Kosuth la colloca in un parco ludico, là dove bambini e donne, il futuro e chi ne ha responsabilità per tradizione, siedono e trascorrono il tempo. Salvo poi scoprire che è da quel sedersi che può scaturire la rivolta.

In sunto, Galleria Continua ha scelto di celebrare il trentennio all’insegna del dialogo urbano. Si è posta enfasi sulla capillarità, su un’arte contemporanea che, in contrasto col filone della smaterializzazione, di cui è espressione la digital art, si sforza di rinsaldare il contatto col territorio. La cittadella è viva, le arti le respirano dentro, come certamente fecero gli affreschi ai tempi che furono, quando la calce si era appena seccata e l’immagine viveva la sua prima giovinezza. Mentre noi continuiamo a cambiare, continuiamo così. Stiamo erigendo i monumenti del futuro.

Le mostre continuano:
Galleria Continua

via del Castello, 11 – San Gimignano
fino a domenica 10 gennaio 2021
orari: da lunedì a domenica, dalle ore 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 19.00 (su appuntamento)
Jr
Omelia contadina

piazza della Cisterna
Michelangelo Pistoletto
Messanudo

installazioni permanenti a San Gimignano:
Torrione Sant’Agostino
Anish Kapoor
Underground

Rocca di Montestaffoli
Kiki Smith
Yellow girl

Parco del Bagolaro
Joseph Kosuth
La sedia davanti alla porta

Associazione Arte Continua
Arte all’Arte, installazioni permanenti a San Gimignano:
Torrione Sant’Agostino

*“Là dove si può stare in piedi, ci si può anche sedere. Non soltanto i bambini, ma anche le donne hanno il loro posto sulla soglia di casa, a stretto contatto con la terra, le sue tradizioni e forse le sue divinità. La sedia davanti alla porta è già segno di innovazione cittadina. Dell’inaudita facoltà di star seduti al caffè, poi, si avvalgono unicamente gli uomini”, Walter Benjamin.

Nella foto:
Omelia Contadina

2020
Un’azione cinematografica di JR e Alice Rohrwacher, insieme agli abitanti dell’Altopiano dell’Alfina
video
9’55”
courtesy: the Artist e Galleria Continua