Il surreale a un passo della metafisica

Approfittando della clemenza del tempo, cosa rara di questi tempi, e della riapertura delle sale museali – finalmente verrebbe da dire – ne approfittiamo per visitare l’ultima mostra al Lu.C.C.A. Center of Contemporary Art: La realtà svelata, Il Surrealismo e la realtà dei sogni.

Iniziando dai piani superiori incontriamo una sala dedicata al pittore e scultore catalano Joan Miró unitamente alle incisioni del pittore cileno Roberto Sebastián Matta. Del primo possiamo vedere delle litografie a colori, del 1974, preparatorie per sculture dedicate a vari Paesi. Sembra di vedere strani uccelli, coloratissimi, che – di volta in volta – paiono somigliare a un aereo con insoliti passeggeri, nel caso del Giappone, o a venerati quetzal. Colori vivaci con il nero a sottolinearne i contorni, che nel caso della stampa dedicata all’Inghilterra assomiglia a un uomo che brinda allo scampato pericolo mentre un uovo antropomorfizzato sembra colpirlo alle spalle. Quello dedicato all’Iran è il più tenebroso e confuso nei tratti. Nel complesso un insieme di vortici di colore che si prestano a varie interpretazioni come spesso capita con le opere di questo poliedrico artista.

Su una delle pareti, nella stessa sala, quattro incisioni di Matta della serie Vivante Mortalité, del1973, caratterizzata da un inedito modo di raccontare una vita intera. Su uno sfondo che nemmeno nel primo quadro, la nascita, riesce a essere sereno, il pittore prova a sorprenderci attraverso stilizzazioni di figure a cavallo – tra umano e animalesco – denotanti una qual leggerezza, come quella che permette di intravvedere una nascita da un personaggio maschile. La gioia di vivere della seconda incisione lascia presto spazio ai vizi della vita, ai suoi fantasmi e alle paure, che l’accompagnano sino alla contemplazione, da un’avvolgente panchina, della propria fine. L’azzurro della terra sulla quale poggiamo è circondato da un cielo plumbeo, forse inquinato e popolato da strani esseri che si librano nell’aria.

Nella sala successiva, sempre dello stesso autore: Le OH! Tomobiles, del 1972, una nuova serie di incisioni per raccontare i molti vizi e le poche virtù di noi automobilisti. La gara – reale o metaforica – ha inizio per farsi via via sempre più spericolata e ricca di suspense fino al suo tragico finale. La gioia della partenza dura poco: spettatori indifferenti assistono all’evento, che diventa sempre più impegnativo con i concorrenti che aumentano a tal punto da costringere, quasi, il pittore a una rappresentazione circolare che meglio si presta a contenerli. Aumentano altresì le dimensioni dei mezzi di trasporto e, di conseguenza, l’entità dei danni negli scontri, con nuvole di fumo che si levano dai veicoli e guidatori sempre più esacerbati. Avveniristici mezzi fanno la loro apparizione ma il finale è sempre lo stesso: bolle/nuvole avvolgono, nel loro viaggio, nuovi automobilisti sognanti o fantasmi del passato. Un duro monito contro l’inciviltà dei comportamenti che conducono alla fine della socialità. Uomini e donne accomunati nel gorgo della competizione che sembrerebbe non risparmiare nessuno.

In una piccola saletta quattro incisioni di Hans Bellmer. La prima incisione, Senza titolo, è il volto, molto bello, di una donna che, nelle successive stratificazioni, cambia deformandosi fino a diventare irriconoscibile – come nelle bambole del Maestro, deformate per contrastare l’effigie nazista di una ‘razza’ ariana perfetta. Le altre tre opere della serie Les Marionettes, del 1969, sono intrecci di corpi e arti avvinghiati, unioni tra essere surreali – a volte distaccati, in altri casi uniti senza una reale soluzione di continuità dei soggetti.

Nella sala accanto, André Masson, con un piccolo assaggio della sua arte surreale: Séduction, 1972, una litografia a colori con due corpi, spigolosi e stilizzati, avvolti, nel loro rapporto, in un contorno di un rosso accecante. In Profil, 1972, litografia a colori, l’uomo si perde nelle rotondità della donna che, con il suo colore solare, lo contiene ma ne mette in risalto le differenze, la lunarità, e la vulnerabilità – con una ombreggiatura che ne accentua i sentimenti e il côté sottilmente emotivo.

Dopo questi pittori surrealisti, invisi ai poteri della destra franchista, nazista o di Pinochet, una sala è dedicata al pittore più rappresentativo della corrente metafisica, Giorgio de Chirico. In Villa sul mare, 1929, elementi archetipici consueti nel pittore sovrastano il mare, vero e immaginario, che contiene nelle sue spire una tipica architettura dell’artista. Ne La partenza di Giasone, 1966, si ritrova la profondità delle sue piazze e quell’aria di sospensione atemporale che caratterizza la sua arte. Spazi sterminati e torri con la scultura che osserva lo spettatore, avvolte da un cielo cupo, in L’enigma del ritorno, 1966, che rimanda – con il treno sullo sfondo – ai suoi quadri più famosi, anche se in queste litografie si perde, in parte, la valenza e la forza che i colori primari e brillanti danno ai suoi dipinti.

Di René Magritte piccole ma significative opere. Il surrealismo, con tutte le sue contraddizioni, si ritrova in Les moyens d’existence, 1968 – una pera che genera una rosa, avvolte da una pioggia nera che sembra non tangerle e che si ferma poco prima di toccare il terreno. Le Prêtre Marié, 1968, di una semplicità disarmante ma anche con una essenzialità altrettanto significativa dimostra come tutto cambi con la presenza di due oggetti apparentemente estranei – ossia come due mele diventino improvvisamente amanti e complici allo stesso tempo, grazie a due mascherine di carnevale.

Una grande sala ospita i quadri di Salvador Dalí – tra i primi surrealisti nonostante sia poi stato disconosciuto dagli stessi per la sua evidente avidità. Tra le litografie esposte si nota Aukso Vilna (Le Toison d’or), 1973, una figura femminile che sovrasta un paesaggio con una accentuata prospettiva architettonica: il sogno si fonde con la realtà. In Der Wilde Tristan, 1981, l’immaginario e il surreale riempiono lo spazio: ai piedi di una lunga scala due robot/manichini danzano su ciò che resta di un mondo in decadenza ove la materia umana ritorna alle sue radici per generare un futuro completamente diverso ma, non per questo, privo di foschi presagi. Uno spazio infinito e desolato fa da sfondo a Le grand Masturbateur, del 1960. La desolazione circonda le rarefatte figure umane o umanoidi mentre al centro della materia si libera un’ambigua figura che, ironicamente, si unisce in un amplesso con una cavalletta che, stranamente, è l’unico elemento della litografia che mostra una sua completezza.

Altre opere attendono il visitatore in questa mostra che presenta molti esponenti del Surrealismo, ma anche incisioni e litografie posteriori che invogliano ad approfondire la conoscenza del periodo.

In una sala a latere della mostra è possibile vedere i lavori su tessuto, copie di quadri famosi, fatti dagli utenti del laboratorio riabilitativo della Salute mentale di Lucca, Il Filo Magico (argomento che approfondiremo, in un successivo pezzo, dedicato alle esperienze dell’arte e del teatro-terapia).

Nella foto: Salvador Dalì. Le Grand Masturbateur (foto gentilmente fornita dall’ufficio stampa del Lu.C.C.A. Center)

La mostra continua:
Lu.C.C.A. Lucca Center of Contemporary Art

via della Fratta, 36 – Lucca (LU)

La realtà svelata. Il surrealismo e la metafisica del sogno
a cura di Silvia Guastalla e Maurizio Vanni
fino a domenica 6 giugno 2021
orari: (a seguito dei Dpcm causa Covid-19) dal lunedì al venerdì, dalle ore 14.00 alle 20.00. Necessaria la prenotazione via email info@luccamuseum.com o telefonica 0583 492180 (durante gli orari di apertura)