Il viaggio continua

Abbiamo lasciato – raccontato su Inthenet – ai Bastioni di San Colombano e riprendiamo da Palazzo Guinigi la nostra visita alle varie sedi espositive del Photolux Festival, disseminate tra dimore storiche e palazzi pubblici del centro di Lucca.

Qui è esposta una personale decisamente interessante, Face to face di Seiichi Furuya, che ha documentato i suoi sette anni di relazione con Christine Gössler, fino al suicidio della moglie nel 1985 – momenti di intimità e primi piani intensi di un breve percorso di vita in comune in cui scatti e pose della modella e del fotografo mettono in dialogo più che due corpi, due visioni contrastanti delle medesime esperienze. Abiti, tessuti e fogge, amicizie, parentele, arredamenti di abitazioni che paiono usciti da un album di famiglia: ricordi sbiaditi di un periodo storico che si sgretolano di fronte a uno sguardo infinitamente triste. L’inabissamento nella psicosi, il perdersi a sé e agli altri, anche il piccolo gesto che diventa un peso insopportabile e l’eredità che resta a chi ha amato e perduto. Rabbia, senso di colpa, dubbi: cosa rimane a qualcuno che ha visto suicidarsi la persona con la quale  pensava di condividere un’intera esistenza? Forse l’unica risposta è quella che dà lo stesso Furuya: “La capacità di dimenticare è fondamentale per la vita umana”. Restare legati a un morto è morire a se stessi. Omaggio silenzioso più alla vita che non al suo ricordo. Accanto, la storia di Pixy Liao che racconta la sua relazione con il compagno Moro, attraverso immagini e una forma di esperanto inventata dalla coppia. Un esperimento curioso e a lungo termine che narra di un ménage giocoso e giocato anche sugli scarti linguistici di una ragazza cinese e un ragazzo giapponese che si incontrano/scontrano sul campo di battaglia del comune inglese – lingua che nessuno dei due padroneggia totalmente e che non rappresenta appieno nemmeno le loro culture di origine. Lost in translation.

A Palazzo Ducale, tappa successiva, occorre salire al secondo piano: qui sono esposte alcune personali di fotografi provenienti da ogni parte del globo. Il giapponese Rinko Kawauchi ci presenta una serie di diapositive di famiglia – nascite, pranzi, matrimoni, tavole imbandite, momenti di preghiera, scatti per errore, vecchie immagini da album in bianco e nero, paesaggi visti da un finestrino, la corsia di un ospedale o un cimitero, inquadrature sghembe, immagini sovraesposte. Verità o auto-finzione? Allo spettatore scegliere la lettura che gli si confà. Gioca, con una buona dose di auto-ironia, sempre con la dimensione del ritratto di famiglia anche il giapponese Masahisa Fukase, con una serie di bianchi e neri con figura destabilizzante. Altrettanto, anzi molto più esilarante, l’idea di Mike Bender di creare uno spazio ove condividere le foto di famiglia imbarazzanti.

Interessanti i ritratti dei Pretended Family Relationships di Senil Gupta (del 1988), che ritraggono coppie LGBT multietniche (e non multirazziali come nella didascalia in mostra). Dello stesso periodo (gli anni 80) la serie di bianchi e neri di Sage Sohier che documenta la vita – tra interni domestici e gesti affettuosi – di coppie dello stesso sesso negli States. Un po’ scontato, al contrario, il progetto di Robin Schwartz, Amelia & the Animals – le foto di una bambina con gli occhi azzurri che interagisce, a volte con ironia, col mondo animale. Alcune foto sono indubbiamente accattivanti – forse troppo. Il discorso interspecista, invece, è stucchevolmente di moda. L’ironia briosa che traspirava in un Elliott Erwitt ha qui un retrogusto di amaramente voluto. Pose – più che foto – che trasformano una bambina in una modella nel corso di vent’anni e un involontario rimando al vaiolo della scimmia. 

Dedicato al proprio ruolo di madre/artista (creatrice del figlio e dell’immagine) e al proprio figlio il progetto pluriennale in bianco e nero di Annie Hsiao-Ching Wang. In parte autocelebrativo, rimanda curiosamente all’autoritratto di Velázquez presente ne Las Meninas. In mostra, anche video e installazioni sonore al confine tra linguaggi espressivi. E ancora, una serie di autocromie provenienti dal Victoria and Albert Museum di Londra, che non sono però in esposizione bensì delle semplici riproduzioni proiettate in video con sottofondo musicale. Scenografico, eppure si perde la bellezza e unicità del supporto che è il medium espressivo imprescindibile: come vedere il poster di un quadro. Splendide, al contrario, le foto in bianco e nero di Ferdinando Scianna dedicate alle Feste religiose in Sicilia, e pubblicate nel libro omonimo di Leonardo Sciascia. Riti, costumi, volti, tradizioni persi e che, per un attimo, tornano vibranti di vita.

Nell’ultima sala merita un discorso a sé la proiezione in video delle serie dei fotografi finalisti al Prix Pictet 2021. Tema scelto per questa edizione, il fuoco. Segnaliamo alcuni degli artisti che ci hanno colpiti maggiormente. Beirut mon amour di Joana Hadjithomas & Khalil Joreige sembra uscire da una sgargiante cartolina a colori degli anni 60 finché la cartolina non prende fuoco, polverizzandosi nelle nostre mani. Blackwater di Sally Mann (progetto vincitore) ha la forza e la bellezza delle immagini del funerale de La Chute de la Maison Usher di Jean Epstein. Fire di Christian Marclay colpisce come una reinterpretazione dell’Urlo di Munch che grida dai muri delle nostre metropoli. L’Africa nera e sgargiante è protagonista delle foto fortemente hopperiane di Fabrice Monteiro e la sua serie, Body of Work. Burns capital of the world di Brent Stirton, infine, racconta il dramma delle ustionati, in India, in immagini volutamente estetizzanti eppure emotivamente atroci (spiazza il fatto che la serie più centrata rispetto al tema e di altissima qualità fotografica non abbia vinto).

Ultima tappa del nostro percorso sono le Scuderie Ducali. Entrando nel cortile, sulla destra è esposto il progetto di Erik Kessels che restituisce il dietro le quinte di una tranquilla coppia borghese che, nel corso di dieci anni, ha reinterpretato l’erotismo all’interno del proprio salotto. Kitsch d’annata decisamente auto-ironico. In mostra anche il salotto originale. Al centro del cortile, Chi sono per giudicare?, che racconta il percorso dei gruppi LGBTQ+ cristiani italiani dalla fine degli anni 70. Infine, passando sempre dal cortile, sulla sinistra, due progetti che in qualche misura si riflettono. Il lavoro di Marta Bogdańska che mette in luce le discrepanze tra l’immagine laica e liberal della Svezia e la sua realtà, che ha visto un progressivo ritorno ai valori della famiglia tradizionale, negli anni 90, e oggi assiste a un rigurgito di quegli stessi valori da parte della destra – ben radicata nel Paese. Tutto questo filtra attraverso la rilettura dell’immagine della premio Nobel per la letteratura, nel 1909, Selma Lagerlöf. Accanto, Marco Tiberio mette in mostra con Enlarge Magazine – in senso reale e metaforico – il fallocentrismo della ‘mascolinità tossica’, quella che poi genera la non accettazione o addirittura la violenza contro tutto ciò che può mettere in discussione il predominio machista – dalla figura della donna volitiva alla sensibilità maschile fino all’omosessualità. Come sembrano lontani i tempi descritti da Tiberio, che ricorda come, nel mondo greco antico, “più piccolo era il pene, più l’uomo era vicino al potere divino”.

Purtroppo il fatto che la maggior parte delle mostre, dal lunedì al giovedì, siano aperte solo dalle 15. 00 alle 19.30, ci ha impedito di vedere, presso la Casermetta San Pietro, la personale di Stefano De Luigi, Pornoland Redux.

Foto: ©Pixy Liao, 2013, Things We Talk About, della serie Pimo Dictionary (foto fornita dall’ufficio stampa CLP Relazioni Pubbliche o CLIP comunicare).

PhotoLux 2022
da sabato 21 maggio a domenica 12 giugno 2022
Lucca, varie location

Villa Bottini
via Elisa, 9
tutti i giorni, dalle ore 10.00 alle 19.30

Scuderie Ducali
piazza San Romano, 4
da lunedì a giovedì, dalle ore 15.00 alle 19.30; da venerdì a domenica, dalle ore 10.00 alle 19.30

Palazzo Ducale
Cortile Carrara 1
da lunedì a giovedì, dalle ore 15.00 alle 19.30; da venerdì a domenica, dalle ore 10.00 alle 19.30

Casermetta San Pietro
via delle Mura Urbane
da lunedì a giovedì, dalle ore 15.00 alle 19.30; da venerdì a domenica, dalle ore 10.00 alle 19.30

Palazzo Guinigi
via Sant’Andrea, 43
da lunedì a giovedì, dalle ore 15.00 alle 19.30; da venerdì a domenica, dalle ore 10.00 alle 19.30

Sotterraneo del Baluardo San Colombano
corso Garibaldi, 39
da lunedì a giovedì, dalle ore 15.00 alle 19.30; da venerdì a domenica, dalle ore 10.00 alle 19.30