Spirito e dissonanze

A Palazzo Blu di Pisa, fino al 3 febbraio, saranno in mostra una cinquantina di opere di Vasilij Kandinskij prima del periodo Bauhaus, tra richiami alla tradizione folclorica russa e assonanze linguistiche con il padre della dodecafonia, Arnold Schönberg.

L’uno – Vasilij Vasil’evic Kandinskij – dava espressione alla propria interiorità attraverso il colore, l’altro – Arnold Schönberg – usando il suono.

Di questo felice rispecchiarsi tra due rivoluzionari astratti, nella mostra Wassily Kandinsky dalla Russia all’Europa, in questi giorni a Palazzo Blu di Pisa, c’è qualche accenno. Purtroppo il confronto tra le opere dei due artisti – pittorico e non sinestesico – non tiene conto che le celebri dissonanze perseguite da entrambi, e la conseguente convergenza poetica tra i due maestri, si sarebbe esplicitata meglio facendo ascoltare passi di musica dodecafonica rapportati agli studi sul colore di Kandinskij, piuttosto che mettendo a confronto le opere pittoriche di entrambi – quando quelle di Schönberg, bisogna dirlo, non sono purtroppo dei capolavori.

Incipit a parte, la mostra (pur andando dal 1901 al 21) non è dedicata né al periodo del Blaue Reiter (prima esposizione 18 dicembre 1911) e alla collaborazione con Marc (sebbene vi siano continui riferimenti a Lo Sirituale nell’Arte, pubblicato proprio in quegli anni) né al successivo lavoro al Bauhaus (prima a Weimar e poi a Dessau), bensì alle correlazioni tra il lavoro del maestro e il folclore, la spiritualità e le fiabe russe.

Questa linea critica scelta dalla curatrice, Eugenia Petrova – pur essendo perfettamente legittima e in linea con alcune riletture dell’opera di Kandinskij – punta su una spiritualità russa prerivoluzione (lontana anche da una visione teosofica forse più vicina al maestro) che appare un po’ di maniera, e nata nel solco di quella riappropriazione e valorizzazione forzata di un’epoca zarista, che non convince del tutto né a livello storiografico né di critica d’arte. Sebbene il Museo Russo di Stato di San Pietroburgo – non a caso, anche questo ritorno prerivoluzionario nel nome della stessa metropoli baltica – sia debordante di oggetti folclorici rivalutati ed esaltati al parossismo – a Pisa ne sono esposti alcuni – ci sembra che l’evoluzione di Kandinskij vada ben oltre le sue radici e voli alta sull’intera Europa e sulle esperienze coeve del continente.

Ma torniamo alla mostra. Dopo una parte iniziale dell’esposizione dove è possibile vedere opere provenienti, principalmente, dalla vita tradizionale russa: oggetti di uso comune, legni intagliati, cinture colorate che, in una prima fase, entrano a far parte dei quadri di Kandinskij – soprattutto nell’illustrazione delle fiabe che ispirano Poesie senza parole, (1903) – notiamo, per interesse ed espressività, la xilografia La notte.
Parallelamente a questa attività, Kandinskij si dedica alla rappresentazione della natura nel tentativo di fissare su piccole tele i colori e i riflessi provocati dall’acqua con una tecnica vicina sia agli impressionisti francesi sia ai macchiaioli italiani – Fiume d’autunno (1901-03), Autunno (coevo), Chiesa rossa (coevo) e Fiume d’estate (coevo). Il colore si fa decisamente più vibrante e la consistenza diventa materica dopo i viaggi in Europa e la scelta di vivere in Germania – di questo periodo e delle influenze subite dal maestro, da notare Chiesa a Murnau (1908-09) e i due Paesaggio d’estate (entrambi del 1909), oltre a Improvvisazione IV (coeva). Del periodo mancano però i lavori maggiori, che hanno reso famoso Kandinskij in tutto il mondo.

Le opere più interessanti della mostra sono al secondo piano. Ma facciamo, prima, una breve digressione: Kandinskij ha semplificato al massimo i titoli dei quadri, suddividendoli in tre grandi gruppi che venivano numerati in successione.
Le Improvvisazioni, iniziate nel 1909, cercano di mettere su tela il disagio interiore o la forte emozione provati dall’artista, e sono indubbiamente suggestive per la contrapposizione dei colori e delle figure che ancora si intravedono – in lotta tra loro o con le avversità della natura (si veda, in mostra, Improvvisazione XI, 1910) – e che andranno, con gli anni, trasformandosi in una tavolozza più morbida ma non meno controversa, dove la pennellata, quasi scivolando sulla tela, farà risuonare nell’occhio dello spettatore leggere dissonanze e dolci accostamenti (si noti, sempre esposta, Improvvisazione XXXIV, 1913).

Secondo breve inciso: in seguito, si avranno le Impressioni, che conservano l’immagine della natura o dell’evento – come si manifestano agli occhi dell’artista – e che, seppur prodotte dal 1911 circa, non sono presenti a Palazzo Blu (a riguardo, bisogna però notare che ne esistono pochi esemplari). Curioso che Impressione III. Concerto sia stata suggerita alla mente del maestro dal Secondo concerto per archi di Schönberg – suggello di quell’affinità elettiva tra i due. Nel quadro, ancora evidenti, i richiami alla realtà: la macchia nera che rimanda a un pianoforte e alcune figure stilizzate che indicano il pubblico in sala (questo, per informazione: dato che l’opera non è esposta a Pisa).

Tornando alla mostra, Kandinskij dà infine il via alle Composizioni – basate su studi precedenti, con l’intervento, durante l’esecuzione, della coscienza critica e della rielaborazione intellettuale dell’artista. Celebri, anche per le loro dimensioni, la Composizione VI e la VII – della quale ci è pervenuto anche lo studio preparatorio (non in mostra). L’acquerello e china, su carta, (Composizione. Paesaggio, 1915), rende però l’idea della complessità di queste costruzioni: in un mare di colore si alternano, come su una giostra, i simboli che caratterizzano l’universo espressivo del maestro. Nel successivo (Composizione. Figura femminile, coeva), anch’esso al secondo piano di Palazzo Blu, i vari simboli sembrano concentrarsi sulla figura centrale – quasi a schiacciarne la forma con i loro colori cupi.
I più interessanti in assoluto, tra quelli in esposizione, restano Dipinto con punte (1919), dove, più che le forme cuneiformi e spigolose, colpisce il colore scuro, carico di apprensione (ricordiamo il momento storico), nel quale, le forme stesse sembrano rimanere sospese. Mentre i bruni e i grigi si contrappongono fieramente all’esplosione coloristica e vitale di Cresta azzurra (1917) – anch’esso in mostra.
E ancora, Due ovali (1919), comunica la sensazione di mondi che si specchiano l’uno nell’altro in precario equilibrio tra loro – quasi un’estrema evoluzione del linguaggio pittorico del maestro, partendo dai primi esperimenti sul riflesso degli inizi del Novecento.

Gran finale con Composizione su bianco (1920): una solare tavolozza dove i colori, le diagonali e le forme astratte – che ormai sostituiscono le figure del reale – tentano di oltrepassare i confini materiali della stessa tela.

Buona visione.

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Wassily Kandinsky, Due ovali, 1919, olio su tela, San Pietroburgo, Museo di Stato Russo
Wassily Kandinsky, Composizione su bianco , 1920, olio su tela, San Pietroburgo, Museo di Stato Russo
© Wassily Kandinsky, by SIAE 2012

La mostra continua:

Wassily Kandinsky dalla Russia all’Europa
a cura di Eugenia Petrova

BLU Palazzo d’arte e cultura
Lungarno Gambacorti, 9 – Pisa
fino a domenica 3 febbraio 2013
orari: da lunedì a venerdì, ore 10.00-19.00; sabato e domenica, ore 10.00-20.00 (la biglietteria chiude un’ora prima)

Catalogo:
Wassily Kandinsky dalla Russia all’Europa
cura di Claudia Beltramo Ceppi
saggi di Michel Draguet, Jean-Claude Marcadé, Eugenia Petrova
editore Giunti Arte mostre musei
formato 24,5×26 cm
pagine 240
brossura con bandelle
Euro 35,00

Consigli di lettura:
Lo spirituale nell’arte
in Tutti gli scritti 2
Feltrinelli, 1974