Quando i paradossi della storia flirtano col kitsch

Il direttore del Museo Nazionale Romano e uno dei più acclamati artisti contemporanei, innamorato dell’immaginario pop, riattualizzano e ridefiniscono la storia romana in un’operazione performativa suggestiva e stimolante.

La complessità della storia è la stessa di quella del tempo: il racconto del passato è sempre un’emanazione delle esigenze e dei turbamenti del presente, se non fosse che anche la natura di quest’ultimo, il presente, è particolarmente problematica. Come sosteneva Agostino d’Ippona, quando penso al presente e a esso faccio riferimento, esso è già passato, non è più. Presente e passato si esprimono perciò in un rapporto di reciprocità tesa e contraddittoria, un rapporto di complementarietà e reciprocità che riguarda la sfera psicologico-esistenziale individuale, ma assurge anche al piano collettivo e culturale in senso lato. Passato e presente sono anche la Storia e l’Immaginario contemporaneo, fatto di cultura di massa, cinema, pop music. Ed è proprio su questa ambigua e irrisolta tensione che l’artistar Francesco Vezzoli ha deciso di collaborare col Museo Nazionale Romano per realizzare l’allestimento di Palazzo delle Esposizioni dal titolo Vita Dulcis. Paura e Desiderio nell’Impero romano.

Un percorso suggestivo, a tratti talmente provocatorio da risultare delirante, ma che in nessuna delle tappe di cui è scandito abbandona il ruolo che qualsiasi mostra dovrebbe rivendicare e garantire: far riflettere, creare dei cortocircuiti al pensiero per lasciarlo inappagato e scosso. D’altronde, l’artista italiano dei vip americani e delle popstar, ormai più di casa negli States che nella penisola, ha svolto il suo ruolo e la sua attività sempre in questo modo, generando tensioni concettuali, anche fastidiosi, facendo stridere l’alto e il basso, lo spirituale e il faceto, il nobile e il trash: come lui stesso ha avuto spesso modo di affermare, “il kitsch è chic”. Proprio nel percorso di Palazzo delle Esposizioni, l’indagine dell’artista è rivolta al concetto di neostoria, ovvero quella ricomprensione del racconto storico che il critico e filosofo Fredric Jameson ha individuato come uno dei principi caratteristici del postmodernismo tardocapitalista. Finita l’epoca moderna della dignità del racconto storico, quando la storia serviva come strumento di emancipazione del presente in prospettiva della costruzione del futuro, il postmoderno gioca col pastiche e col museo immaginario: sovrappone piani temporali, fa collassare passato e presente creando volontariamente anacronismi destabilizzanti e smarcanti.

Spesso la ricerca creativa di Vezzoli si è svolta su questo piano, dal momento che proprio in questo turbine si colloca la definizione di neokitsch: un passato sempre contaminato, che però proprio nella contaminazione assume una prospettiva nuova, stimolante per il pensiero. E proprio in questo vortice le stesse categorie di truth e fake si inseguono e si scambiano le parti, portando la nobiltà della storia antica nella cultura pop contemporanea e proiettando la cultura pop nel racconto dell’antichità. Il percorso della mostra infatti dedica ampio spazio a quello che è stato per tutto il Novecento l’autentico motore dell’immaginario, ovvero il cinema: dai peplum ai grandi classici, viene da chiedersi quale possa essere la differenza tra le pratiche neokitsch di Vezzoli – compresi i suoi celebri falsi-trailer realizzati per film mai realizzati – e l’attitudine di così tante produzioni cinematografiche “kitsch loro malgrado”, sempre disposte a sacrificare la storia in funzione dell’efficacia del racconto. D’altronde, la domanda resta sempre quella: è mai esistita quella cosa che noi definiamo storia?

Le sale di Palazzo delle Esposizioni, che circondano la zona centrale della Rotonda, sono ognuna dedicata a uno specifico ambito della cultura, tanto classica quanto contemporanea, dove il sapiente lavoro di Luca Bigazzi per le luci e di Filippo Bisagni per il progetto allestitivo definiscono l’esperienza immersiva e il fascino della fruizione espositiva anche per chi è abituato a godere della bellezza delle vestigia antiche. La guerra, la donna, la follia, l’erotismo, il potere, non esistono se non nel racconto che se ne fa, e Vezzoli intende far esplodere i riferimenti evidenziando come il senso ultimo di ognuna di queste categorie esiste solo nel paradosso temporale, nel cortocircuito irrisolvibile che l’arte ha il dovere di mostrare per destabilizzare, anche approdando nel territorio così scabroso del kitsch. Perché d’altronde, se la storia non esiste, la soluzione più saggia è trattarla come un deposito inesauribile di stimolazioni sensoriali e di simboli impazziti al di fuori di ogni linea temporale.

La mostra continua
Palazzo delle Esposizioni
Via Nazionale 194, Roma
dal 22 aprile al 27 agosto 2023

Vita Dulcis. Paura e Desiderio nell’Impero romano
a cura di Francesco Vezzoli e  Stéphane Verger