Il corpo dei muri vivi e i tatuaggi di scritte degenerate

La lotta della strada continua entrando all’interno del Macro Nizza di Roma con la mostra Cross the Street-Cross the River. Il museo diviene campo di battaglia dove si fronteggiano la cosiddetta arte di strada e la tradizionale arte istituzionale.

Passeggiando tra le strade di Roma e tra i suoi palazzi vi sarà sicuramente capitato più di una volta di imbattervi in strane scritte appostate sui muri in attesa di uno sguardo che vi cada sopra. Scritte piccole e incomprensibili che sembrano non avere senso, oppure immagini figurative molto complesse che spiazzano per la loro inaspettata bellezza. Il passante camminando si trova a contatto con organismi astratti e figurativi, che strizzano l’occhiolino affettuosamente a chi riesce ad intravederle nel mezzo della giungla urbana. Sono forme che vogliono esibirsi e farsi capire dal pubblico della strada che incuriosito le osserva; ma la maggior parte delle volte la loro semplice incomprensibilità e il loro nascere e proliferare in luoghi che detengono un certo valore storico le posiziona in una condizione di incomunicabilità con il fruitore, che non riesce ad accettarle, in quanto le percepisce come qualcosa che deturpa e sporca la città in cui vive, e così le forme soffrono perché le loro intenzioni sono fraintese. Giudicate e osteggiate questi organismi vengono rimossi e cancellati dalla loro casa, così com’è successo alle creazioni dell’ormai famoso Keith Haring nel 1992 e nel 2000 a Roma. Nonostante la continua crociata volta allo sterminio delle selvagge figure, alcuni coraggiosi continuano a dargli vita , ed il mondo si va a costituire di scritte, murales e stickers che stratificandosi, colonizzano incontrollate il contesto pubblico e contribuiscono a creare ciò che è la complessa realtà multistrato odierna.

La guerra senza quartiere dei writers è in atto, ma una vittoria la si può assegnare con la mostra Cross the streets-Cross the River curata da Paulo Von Vacano ed inaugurata il 6 maggio presso gli spazi del Macro Nizza di Roma; questa segna un punto di svolta per il mondo della street art che finalmente dopo quasi quarant’anni dalla sua venuta al mondo viene riconosciuta come una forma d’arte legittima, che è riuscita nell’ardua impresa di modificare l’orizzonte simbolico di un’intera generazione, creando uno stile unico che ha riunito sotto la propria ala tutto il substrato underground delle periferie cittadine delle maggiori metropoli mondiali. Grazie al suo operato oggi il mondo è un posto più libero e aperto. Così dalle pareti del Macro scaturiscono enormi murales: alcuni raffiguranti ipnotiche femme fatales che recano teschi in mano, come nel lavoro dell’artista romano Diamond, che traendo ispirazione dal liberty e dal mondo dei tatuaggi imprime un segno nostalgico e dark alla sua opera; altri si concentrano sull’analisi delle forme decostruite dei nomi, come nel caso del tedesco Mirko Reisser che sulla bianca parete innesca un’esplosione in 3D del proprio nome d’arte DAIM. Altri murales invece testimoniano un’attivismo politico molto radicale: è il caso di Middle East Mural di Sharpad Fairey, anche conosciuto come Obey Giant, che sottolinea l’utilità di medium come gli stickers, spesso sottovalutati, ma che in realtà racchiudono al loro interno una carica sovversiva a dir poco dirompente, che permette a chi li scruta all’interno del contesto urbano una presa di consapevolezza senza precedenti dell’habitat in cui si è immersi.
Lucamaleonte con Mucchio di fagiani realizza invece un puzzle di teste di uccello attraverso una serie di stencil, che stratificano il colore e rendono molto evidenti i particolari, cosa difficile nell’arte dello stencil, e l’effetto finale è veramente notevole e complesso. Interessante e particolare è poi l’artista Evol che riproduce edifici urbani usando cassettiere da ufficio, la città in miniatura sorvolata a vista d’uccello può essere così ammirata da una prospettiva inusuale, ed il fruitore soffermandosi sulla visione riesce a scorgere dettagli che nella fretta della vita quotidiana sfuggono al suo occhio distratto. A coronare la mostra anche una documentazione fotografica di Stefano Fontebasso De Martino, Keith Haring Delate, che immortala Haring intento nella creazione di alcuni interventi sul suolo romano: il primo quello del 1984 sulle mura esterne del Palazzo delle Esposizioni in Via Nazionale, il secondo invece quello che interessò il tratto all’aperto della linea A della metro di Roma, tra le fermate di Lepanto e Flaminio. Una sezione è dedicata poi totalmente alle opere che fanno capo alla corrente del pop surrealism e qui si trovano le opere di Ray Caesar, Marion Peck, Kazuki Takamatsu, Yosuke Ueno, Mark Ryden, Camille Rose Garcia e Ron English. Rilevante è inoltre l’opera del francese Invader, che nel 2010 tappezza Roma di piccoli mosaici ispirati al mondo dei videogiochi. Durante la conferenza stampa del 13 luglio si parla così di interventi, forse un po’ utopici, volti alla rivitalizzazione delle strade e all’uso più consapevole che si potrebbe fare della città, ad esempio attraverso un’ideale rete di bike sharing che colleghi i due poli museali del Macro (Nizza e Testaccio), dando la possibilità così ai cittadini ed ai turisti di vivere un rapporto più stretto ed armonico con la città, che diviene protagonista ed organismo vivo coinvolto attivamente nella vita concreta dei suoi abitanti.

Normalmente i graffiti hanno sempre raccontato storie di discriminazione ed ingiustizia sociale, ma oggi è proprio quel periodo di contestazione giovanile che viene riesaminato e messo sotto la lente di ingrandimento per carpirne gli umori e le cause che hanno spinto a tali tipi di trasgressione. Appropriarsi dello spazio pubblico non è più un atto che sottende intenzioni negative, quanto piuttosto un’occupazione volta a riqualificare ed evidenziare le possibilità intrinseche dello stesso spazio dismesso, svelando la bellezza che può essere celata dietro al cemento o ad oggetti comuni ed usurati. Il cittadino vive ora la città con occhi nuovi e si rende conto che è circondato da una bellezza che permea ogni cosa: è questa la speranza che si anela con la nuova street art e perciò è importante conoscere la storia di questo movimento che ha fatto così tanto parlare di sé fin dalle sue origini.

La mostra continua:
Macro via Nizza
Via Nizza, 138 – Roma
da domenica 7 maggio a domenica 1 ottobre
dalle 10:30 alle 19:30

Cross the street-Cross the River
a cura di Paulo Von Vacano
prodotta da Draco