Amore e solidarietà nei tempi modernissimi

A partire dal pensiero dello psicoterapeuta italiano Scaparro e dalle teorie del sociologo tedesco Fromm, utilizzando le parole della scienza e della filosofia e le fotografie di Donna Ferrato, si può provare ad analizzare quanto è attuale il tema della solidarietà e a rispondere alla domanda su quanto la manutenzione dell’amore sia parte integrante dell’arte di amare?

In questa epoca di incomprensibile e ingiustificata impossibilità di frequentare i luoghi della cultura, dai musei al cinema e ai teatri, ci si ritrova spesso a vagabondare sul web, a muoversi quasi distrattamente tra testate giornalistiche e siti di critica d’arte. Si tratta di un adeguamento darwiniano ai nostri tempi modernissimi, un vizietto stimolante e propedeutico da intervallare a giornate purtroppo insipide e improduttive, un espediente misero ma comunque funzionale per far fronte a una ancestrale mancanza di “essere” che, purtroppo con il medesimo grado di colpevolezza, risulta tanto poco manifestata dal basso, quanto tanto ignorata e sottovalutata dall’alto.

Avventurarsi nell’enormità dell’infosfera, attraversare la tempesta meteoritica di contenuti tipica della “galassia internet”, lasciarsi colpire dal lavoro della fotografa statunitense Donna Ferrato e, in particolare dato il periodo, sentirsi attratti da una sua raccolta di fotografie del 2001 intitolata Amore (2001) su un tema del quale è indispensabile continuare a leggere, riflettere, approfondire e che è possibile trovare su Amazon tra i circa quarantadue e i poco più di quattordici (sì, quattordici) euro. Oscar Wilde disse: “I can resist anything except temptation”. La giusta sintesi per casistiche del genere.

La raccolta è un oggetto da collezione, un librone a copertina rigida con scatti appartenenti a serie differenti nel momento dello scatto, ma accomunate successivamente dalla fotografa senza un particolare ordine cronologico o tematico affinché costituissero nel loro insieme il suo ideale di amore. Un ideale che, dopo aver osservato le suddette immagini in un montaggio alternato di scene orgiastiche, prostitute che danzano, abbracci moderni per la loro intensità e coppie che si baciano, nella più classica delle scene romantiche da pellicola della vecchia Hollywood anni cinquanta, si dimostra essere decisamente variegato.

Contestualmente al lavoro fotografico vi è una prefazione a cura dello psicologo e psicoterapeuta italiano Fulvio Scaparro, all’interno della quale viene espresso e sviluppato il concetto di «manutenzione dell’amore» che risulta estremamente interessante nel suo essere controcorrente e in opposizione al ben più caldo assioma del “coltivare l’amore” abusato da poeti e romanzieri, nonché proiezione di un ideale romantico piuttosto incompleto e poco veritiero.

La sfumatura semantica tra le due espressioni è sostanziale nel solco della sua marginalità: il verbo “coltivare” pone enfasi sull’atto del crescere e far crescere, mentre il sostantivo “manutenzione” sottintende e dichiara un intento di protezione e fa leva sul preservare qualcosa combattendone l’usura nel tempo. In ogni caso, secondo Scaparro, entrambe le espressioni sono accomunate da un principio fondamentale, quello della “cura”, che risulta tanto importante nel periodo della “coltivazione” quanto nel momento della tutela di ciò che si è costruito. “Prendersi cura” dell’oggetto d’amore è infatti il paradigma principale dell’arte di amare.

Gli Amanti (Barletta, 2020)
Gli Amanti (Barletta, 2020)

L’Arte di Amare di Erich Fromm, pubblicato nel 1957, è un altro di quei libri dai quali è probabile che ci si lasci colpire molto facilmente. In questo periodo di confinamento dagli affetti, il titolo appare ulteriormente accattivante nella sua connotazione post-romantica, se non fosse che esso, alludendo a una qualche sorta di manuale da terapia di coppia, finisca spesso per ingannare gli acquirenti, ingolositi anche dal poterlo trovare in offerta a euro nove e novantanove in edizione tascabile nelle vetrine delle librerie e sugli scaffali del reparto libri dei centri commerciali. È facile immaginarsi la reazione del cittadino “distratto” che, dopo aver riempito frigorifero e dispensa e sedendosi ad ammirare compiaciuto un libro dalla copertina viola e fucsia appena acquistato per una lettura “leggera”, “serale”, per “pensare ad altro”, si ritrova un denso e intricato saggio di psicologia che si propone di far tutto tranne che libretto delle istruzioni, come specificato dallo stesso Fromm a pagina uno della prefazione: «La lettura di queste pagine potrebbe essere una delusione per chi si aspetta una facile istruzione sull’arte di amare».

Scelte di marketing a parte, il libro è in realtà un caposaldo del genere per gli studiosi e lascia numerosi spunti di riflessione anche per i non addetti ai lavori. Nel quinto capitolo, intitolato L’oggetto d’amore, Fromm scrive: «[…] Se una persona ama solo un’altra persona ed è indifferente nei confronti dei suoi simili, il suo non è amore, ma un attaccamento simbiotico, o un egotismo portato all’eccesso. Eppure la maggior parte della gente crede che l’amore sia costituito dall’oggetto, non dalla facoltà d’amare». In questo passaggio viene quindi chiarificato l’equivoco universale dell’amore come attività di coppia come cliché becero e odioso della società classista occidentale, come modello secondo il quale la distinzione tra amati e non amati finisce per essere un conferimento di status e potere a favore dei primi e a discapito degli ultimi. Fromm, invece, ricorda che amare è un atto singolo e volontario, è una esperienza soggettiva ed è attività dell’animo. Dunque, che l’oggetto d’amore non è deterrente del vero amare.

Attingendo dalle sue radici cristiane, Fromm trasla il concetto d’amore verso un piano più elevato, quello che, di fatto, sancisce il connubio tra amore e solidarietà. Ebbene, in questa prospettiva, scrivere di solidarietà diventa necessariamente dover scrivere d’amore e viceversa, significa riconoscere come entrambe le tematiche siano ampie e scivolose. Ragionando di amore e di solidarietà, per quanto si possa leggere e provare a formulare delle riflessioni proprie, non si può evitare di correre il rischio di sembrare saccenti e in generale poco credibili, se non addirittura incoerenti e in difetto nei confronti del sé, il quale ne custodisce l’esperienza e ne è inevitabilmente marchiato a fuoco.

Il rischio, riguardo al rapporto tra amore e solidarietà, è di scrivere un – pur bellissimo – racconto di fantasia, magari calato nel quotidiano e dal sapore fiabesco, ma inevitabilmente colmo di morale perbenista e sfociante quasi sempre in una banalizzazione ben poco costruttiva della tematica di cui si sceglie di parlare e di cui si finisce per sottovalutare la specifica centralità in un determinato momento storico, come quello tanto particolari dei nostri tempi modernissimi.

Mamma e Papà (Antibes, 2019)
Mamma e Papà (Antibes, 2019)

L’autorevole Treccani definsice la solidarietà come «l’essere solidario o solidale con altri, il condividerne le idee, i propositi e le responsabilità. In senso più ampio, su un piano etico e sociale, rapporto di fratellanza e di reciproco sostegno che collega i singoli componenti di una collettività nel sentimento appunto di questa loro appartenenza a una società medesima e nella coscienza dei comuni interessi e delle comuni finalità». in questi tempi modernissimi di individualismo sfrenato e irresponsabili desideri di salvezza privata, esercitare la solidarietà vuol dire mettere in pratica la manutenzione dell’amore di Scaparro tenendo a mente la non centralità dell’oggetto d’amore di Fromm perché, forse pesante da leggere e personalmente anche da scrivere, ma banalmente semplice da esprimere, l’amore, come la vita, è difficile.

Per questo motivo c’è bisogno di coerenza quando si scelgono le parole dell’amore e la sua “manutenzione” vuol riconoscere il ruolo centrale della fatica, dell’impegno a lungo termine, della resilienza nelle difficoltà, dunque di parole difficilissime e ben poco romantiche e sognanti. L’impegno per la solidarietà e l’amore che richiede l’arte d’amare, andando idealmente da Scaparro e Fromm a Donna Ferrato, non grava sulla persona amata e, citando Scaparro «chi ha la fortuna di essere amato così, sarà per sempre memore e grato per questa sensazione di gratuità che gli viene trasmessa da chi non dà a vedere la fatica di amare».

Solidarietà vuol dire dunque amare così bene e così forte e così profondamente, tanto che l’altro quasi non si accorga di essere amato. Solidarietà vuol dire amore incondizionato. E, anche in questi tempi modernissimi, c’è sempre qualcuno che segretamente lo sta facendo.

Photos ©courtesy and ©credits Pierfrancesco Grieco
In evidenza: Sorridi (Barletta, 2020)