Nel mirino dell’arte

Riprendono, nonostante i limiti imposti dalle misure anti-Covid – continuamente reiterate – le iniziative in campo artistico alla Fondazione Ragghianti di Lucca.

Come fa notare il Direttore, Paolo Bolpagni, in apertura di conferenza stampa, l’intero programma previsto, per l’anno in corso, è stato portato a termine anche grazie all’espediente, peraltro apprezzabile, di inaugurare in parallelo, le due mostre dedicate a Carpi e Melotti. Una necessità, quella di alimentare le proposte culturali nonostante tutto, non rinviabile – in quanto la cultura e le arti sono indispensabile per il benessere della società nel suo complesso.

Con due brevi ma esaustive introduzioni i curatori, Angela Madesani e Paolo Emilio Antognoli, hanno illustrato le motivazioni che li hanno spinti a impegnarsi in questa avventura. Madesani, in particolare, ha sottolineato come Cioni Carpi – in controtendenza rispetto a troppi suoi colleghi – abbia affrontato l’esperienza d’artista fintanto che il suo lavoro ha posseduto, per lui, un significato, interrompendolo quando questo presupposto è venuto meno. Importanti per lui, i viaggi, sia a Parigi che a New York dove, nel ’59, incontra la cineasta Maya Deren. Molto legato al linguaggio della fotografia, è presente, come performer, in diversi lavori – anche in mostra.

Antognoli riferisce di aver voluto indagare un preciso periodo dell’evoluzione artistica di Melotti, quello di Art/Tapes/22 – tuttora poco conosciuto sebbene fondamentale per l’arte fiorentina e la sua evoluzione. Contrariamente a Carpi, Gianni Melotti ha sviluppato il proprio linguaggio soprattutto in Italia creando, assieme ad artisti – anche internazionali – di passaggio nel capoluogo toscano, un movimento fluido di scambi culturali, a sua volta legato a Zona non profit art space – sede dell’avanguardia fiorentina. Intervenendo in conferenza stampa, è Melotti stesso a ribadire che, per una serie di circostanze fortunate, ha potuto svolgere la sua opera in Italia e che, per questa occasione, su sollecitazione del curatore, ha riaperto archivi e risvegliato memorie da lungo tempo sopite e, in un certo senso, dimenticate.

In mostra, le opere – foto, serie e installazioni – lasciano allo spettatore ampio campo interpretativo. Inoltre, grazie alla loro disposizione nello spazio espositivo, spesso interagiscono fra di loro o con il visitatore in maniera dialogante e creativa. Come accade con l’installazione Un problema di sensibilità (Gianni Melotti, carta fotografica ai sali d’argento, cornice con vetro, panchetto fosforescente e gomma piuma, 1977). Immagini corredate spesso da scritti – sia in Melotti che, soprattutto in Carpi – che sottolineano aspetti e momenti vissuti in quel periodo storico, o elaborazioni più intime e personali. Da notare, tra i vari lavori, Giallo (idem, sei fotografie a colori con cornici recto/verso, 1979). Un percorso che non manca di senso dell’ironia, come nel caso di Gli Angoli della Biennale (idem, otto fotografie ai sali d’argento, 1976) e in Bill Viola con Giovanni Corradini, esperimenti di meditazione con l’ausilio di palline da ping pong (idem, art/tapes/22, 1974). Un periodo, quello rappresentato, di grandi cambiamenti a livello socio-culturale, e ovviamente anche in campo fotografico – medium che ne sottolinea aspetti inconsueti o trascurati da parte della storiografia ufficiale.

La scrittura è una delle componenti fondamentali del lavoro artistico di Cioni Carpi: storie che rievocano mondi immaginari non accompagnano, bensì sono essi stessi parte delle opere esposte. Le serie di fotografie in mostra, sembrano seguire un andamento circolare, con un inizio e una fine che si presenta, però, quale futura possibilità. La trasformazione come elemento qualificante della ricerca, dove l’oggetto indagato diventa sempre più evanescente – soprattutto nella parabola artistica conclusiva di Carpi. Il pieno e il vuoto, l’inizio e la fine, l’esserci e il manifestarsi contrapposti alla mancanza/assenza, vedasi Palinsesto 2 (carta velina su cartoncino, opera in nove parti, 1963). Una visione corrosiva e tragicomica dell’evoluzione sociale quella resa in Abbiamo creato atipici sistemi, 5/15 (testo e fotografie su carta, opera in dieci parti, 1963/1974), con riferimenti poetici alle storture del mondo contemporaneo, alle guerre, alle cose non dette che, nella loro ciclicità, tornano a infestare la nostra vita. Il dissolvimento dell’esistenza umana che potrebbe generare un altro mondo possibile, come in Me ne tornavo ai luoghi sfatti della memoria (fotografia in bianco e nero e testo stampato, opera in dodici parti, 1963/1975). L’artista che scompare fagocitato dal colore nero che tutto ricomprende e nasconde, così come le forme che si scompongono e ricompongono in un iniziale momento costruttivo per poi arrendersi al magma o rimandare a un possibile nuovo inizio (Trasfigurazione / Sparizione uno, testo e fotografie su carta, opera in due parti, 1966/1974 e Trasfigurazione / Sparizione due, testo e fotografie su carta, opera in cinque parti, 1966/1974).

Due personali che dialogano bene l’una con l’altra mettendo in evidenza, forse inconsapevolmente, affinità elettive sconosciute agli stessi artisti – dove l’uso della fotografia e le tecniche che la contraddistinguono sono ampiamente sfruttate. Un modo per illustrare e raccontare visivamente concetti, espressi anche attraverso la forma scritta, in Carpi; mentre Melotti privilegia fissare l’attimo fuggente e in quello racchiudere la sua narrazione d’artista. Un modo per riportare all’attenzione del pubblico brandelli di memoria sia personale sia collettiva di un preciso torno di tempo, così da condividerli nuovamente sebbene, sedimentati dal passaggio del tempo, l’approccio agli stessi sia diverso – data la distanza che il passare degli anni impone. Visioni peculiari di un periodo storico ricco di cambiamenti ma foriero anche di profonde incertezze rispetto al futuro.

Le mostre continuano:
Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti

Complesso monumentale di San Micheletto
Lucca
fino a mercoledì 6 gennaio 2021
orari: dalle ore 10.00 alle 13.00 e dalle ore 15.00 alle 19.00 (lunedì chiuso)

L’avventura dell’arte nuova. Anni 60-80. Cioni Carpi e Gianni Melotti
a cura, rispettivamente, di Angela Madesani e Paolo Emilio Antognoli

Nella foto:
Gianni Melotti, Foto Fluida, 01 Serie Di 5, 1983, vietata la riproduzione