Il genio attraverso i secoli

Palazzo Braschi ospita Klimt. La Secessione e l’Italia, una mostra che, dopo oltre un secolo, segna il ritorno a Roma dell’artista austriaco e di cui, per la prima volta, si intende indagare in maniera capillare il rapporto con il Belpaese. Attraverso oltre 200 opere, di cui 49 firmate dall’artista, Klimt. La Secessione e l’Italia permette infatti di approfondire un rapporto di reciproca conoscenza finora mai messo nella giusta evidenza.

Costruito su progetto di Olbrich nel 1898, il palazzo della Secessione Viennese venne pensato come un “tempio” dedito tanto all’ideale celebrazione di una rivoluzione artistica “totale” nei confronti dell’allora dominante accademismo storicista, quanto alla concreta promozione di un programma che, non a caso, trovava splendida sintesi nei caratteri d’oro impressi sull’edificio: «A ogni tempo la sua arte, all’arte la sua libertà».

Come è noto, a svolgere al suo interno un ruolo preminente e centrale è stato Gustav Klimt, che fu primo presidente dell’associazione e la cui poetica rivendicava – nella consapevolezza che l’arte è figlia del proprio tempo ed è espressione del bello – la necessità che la ricerca venisse liberata da ogni costrizione o programma tradizionalista.

Klimt fu la guida spirituale di un ensemble artistico eterogeneo il quale, pur nella diversità delle rispettive sensibilità, avrebbe superbamente realizzato la sintesi tra due distinte istanze estetiche e così dato un contributo essenziale al percorso dell’arte nel momento di passaggio tra i due secoli: la prima istanza era relativa a un’estetica allegoria e aristocratica “incarnata”, per esempio, in donne mitologiche e simboli ancestrali («Piacere a molti è una brutta cosa», recita non a caso l’epigrafe di Nuda veritas di Klimt); la seconda, invece, era rappresentata dall’intenzione di espandere i confini della bellezza oltre gli steccati tradizionali attraverso l’utilizzo di moderne tecniche di graphic design e delle arti applicate.

L’attività di Klimt, tuttavia, oltrepassò i “limiti” e i “contrasti” di un programma che, fin da subito, si era mosso con una certa disinvoltura tra simbolismo e naturalismo, stilizzazione e satira, lirismo e “concretezza” e che aveva trovato il proprio “organo di stampa” nella rivista Ver Sacrum, il cui Manifesto per la I Mostra della Secessione è presente a Palazzo Braschi nelle due versioni litografiche, quella “originale”  di Klimte quella “istituzionale” con le parti intime di Teseo censurate da una “decorazione” alborea.

Realizzata con opere «tra dipinti, disegni, manifesti d’epoca e sculture, prestati eccezionalmente dal Museo Belvedere di Vienna e dalla Klimt Foundation […] e da collezioni pubbliche e private come la Neue Galerie Graz», va innanzitutto fatto presente come Klimt. La Secessione e l’Italia sia il compimento di un progetto nato durante il periodo di lockdown dello scorso anno e che vedrà una sorta di “ripresa” a Piacenza, in una ideale staffetta con la Capitale, nell’esposizione distinta e complementare Klimt ritrovato.

Nello specifico, Klimt. La Secessione e l’Italia si articola su quattordici sezioni e un unico percorso (probabilmente causa covid), e consente una visuale più completa e complessa di un autore, la cui opera è ben rappresentata tanto nei suoi aspetti più intimi e privati (quel mondo femminile espresso in tanti ritratti e in tanti disegni erotici), sia in quelli più polemici e battaglieri che erano stati “propri” degli anni della Secessione e delle pubblicazioni su Ver Sacrum, ma che Klimt aveva già mostrato fin dai suoi “esordi” nel 1857, quando, con l’architetto Otto Wagner, era stato incaricato dall’imperatore Francesco Giuseppe della ricostruzione e della decorazione degli edifici del Ringstrasse.

L’esposizione dà spazio ovviamente al contrasto interno alla Secessione tra naturalisti (Johann Victor Krämer, Taormina alla luce del sole, 1897) e stilisti (Klimt, Hoffmann e altri che si distaccarono dal gruppo nel 1905), dona ampio spazio alle arti applicate (gli oggetti di design, i manifesti e gli oggetti in vetro dei protagonisti del Modernismo Viennese come Josef Hoffmann, Koloman Moser, Joseph Maria Olbrich) e offre una panoramica esaustiva delle frequenti visite del Nostro in Italia, che percorre da Genova a Verona, da Venezia a Ravenna e ad altre città dell’Italia settentrionale e centrale, di cui siamo informati grazie alle cartoline dello stesso Klimt in particolare alla compagna Emilie Flöge.

Pezzi forti sono poi la perturbante Giuditta I (1901), con cui presero esplicita forma artistica le contemporanee intuizioni freudiane, Ritratto di Signora (1916-17), ultimo stadio della clamorosa qualità pittorica dell’autore austriaco, la cui tecnica era stata capace di essere contemporaneamente «quasi fotorealistica», nonché incredibilmente allusiva e allegorica, e che con questo quadro divenne addirittura fantasmatica ed espressionista, ma anche i purtroppo perduti Quadri delle Facoltà (Filosofia, Medicina e Giurisprudenza, 1899-1907), di cui viene presentata per la prima volta una possibile ricostruzione a colori grazie all’intervento digitale di Google Arts & Culture, l’imponente replica del Fregio di Beethoven (1902 originale), la cui straordinarietà avvolge quasi completamente il visitatore con le sue figure femminili dorate e di inquietante bellezza, e l’incompiuta La sposa, che sconcerta per la capacità di giocare sull’ambiguità della rappresentazione di piacere e sessualità, sonno e veglia, realtà e idealizzazione.

Non mancano tele caratterizzanti il femminile come entità dalle bellezza misteriosa e sinistra, magari pervaso da un vago senso d’inquietudine, come Amiche I (Le Sorelle) del 1907, mentre la convinzione di poter/dover elevare il gusto estetico delle masse senza che ciò comportasse il sacrificio della grazia e della bellezza trova testimonianza nella parte di esposizione dedicata ai disegni a matita, il cui utilizzo massiccio dà una ulteriore testimonianza dell’importanza assunta da tecniche ritenute marginali negli ambienti accademici, ma che per Klimt erano fondamentali al fine di poter restituire i moti e le passioni dell’animo umano.

L’attività di Klimt rappresentò un’irruzione piena nella modernità, il tentativo di traghettare i vecchi principi nel nuovo secolo lasciando che ne germinassero di nuovi.
Un esempio che ancora oggi, nel nuovo millennio, non smette di apparire attuale.

Museo di Roma a Palazzo Braschi
Piazza San Pantaleo, 10 – Roma
al 27 ottobre 2021 al 27 marzo 2022 (chiuso 25 dicembre, 1 gennaio)

Klimt. La Secessione e l’Italia
promossa Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali
co-prodotta Arthemisia
organizzazione Arthemisia, Zètema Progetto Cultura
in collaborazione con Belvedere Museum
in cooperazione con Klimt Foundation
a cura di Franz Smola, Maria Vittoria Marini Clarelli e Sandra Tretter
main sponsor Acea
special partner Julius Meinl e Ricola
partner Catellani & Smith
radio partner Dimensione Suono Soft
consigliata da Sky Arte

immagine in evidenza: Cartolina di Gustav Klimt a Emilie Flöge Verona, 08.12.1903 13,7×9 cm Collezione privata Leopold